Come è stato gestito il rischio liquidabilità dei fondi da parte dei fund buyer?

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Charlotte Venema, Unsplash

Governi e Banche centrali hanno subito predisposto i loro piani per attutire la caduta economica. In particolare, a fronte di un impegno consistente dei governi di Washington e Pechino, l’attività europea per sostenere i Paesi membri risulta condizionato dal gruppo dei Nordics e da Berlino. Se da un lato, infatti, la politica monetaria è allineata a quella americana che prevede acquisti illimitati, sul fronte delle linee di credito e garanzie alle imprese in sofferenza il dibattito è ancora aperto. Un’intesa è pressoché trovata sul ruolo della BEI e sul programma SURE

“Le Banche centrali sono rimaste coerenti col loro mandato, ora la leva decisionale che potrebbe aprire o chiudere le porte ad una nuova Europa è nelle mani della politica e della diplomazia”, spiega Matteo Petri, responsabile Consulenza e active advisory di Banca Aletti, Gruppo Banco BPM. “Le turbolenze sui mercati e con esse l'aumento della volatilità sono foriere di allargamento di bid offer spread generalizzato nelle varie asset class. la tragicità degli eventi legati al COVID-19 ha scatenato un selloff generalizzato. La proattività delle Banche centrali ha contribuito a scongiurare momenti accentuati di liquidabilità di asset, tuttavia soprattutto nel mercato corporate investment grade e high yield si è assistito ad un'ampia forbice tra domanda e offerta, in considerazione anche dei downgrade posti dalle agenzie di rating e al crollo del prezzo del petrolio, ambito cui alcune società sono strettamente correlate. Situazioni di stress che stanno gradualmente rientrando”.

Tommaso Federici, responsabile gestioni patrimoniali di Banca Ifigest, ricorda che, dopo i primi di giorni di grande stress gli interventi pubblici, ed in particolare quelli guidati dalle Banche centrali, hanno quasi azzerato i rischi di liquidità per il sistema finanziario globale. “Ovviamente rimangono ancora illiquide molte asset class che già per loro natura non sono prontamente liquidabili come l’immobiliare e tutti i fondi di real estate, i fondi di private equity e venture capital, i fondi che investono in mortgage backedsecurities, i fondi sulle small cap etc. Se l’investimento rappresenta una frazione trascurabile del patrimonio complessivo non mi preoccuperei però delle oscillazioni di breve termine che sono appunto dovute ai flussi in uscita di qualche investitore che non ha scelta e deve liquidare forzatamente”.

Non bisogna sottovalutare però che per rispondere all’emergenza economica del Coronavirus, le Banche centrali sono scese in campo con un arsenale monetario senza precedenti. “Rispetto al 2009, questa volta la risposta è stata più rapida e importante. La Fed ha prima annunciato un quantitative easing da 750 miliardi e poi lo ha reso di fatto illimitato. Ha inoltre attivato operazioni di swap con le principali Banche centrali emergenti per rifornire il sistema globale di dollari. La tempestività e l’ampiezza di risposta delle banche centrali supportano i mercati e permettono di affrontare meglio l’impatto economico”, spiega Matteo Dirupati, responsabile multi asset di AcomeA SGR. “All’inizio della crisi, il mercato del credito corporate aveva un po’ sofferto la minore presenza di liquidità. La situazione è poi andata progressivamente migliorando dopo gli annunci di stimolo monetario da parte della Fed e della Bce. Oggi i rischi principali riguardano soprattutto i portafogli a leva di fondi, ETF ed hedge fund sparsi per il mondo”. 

Secondo Alessandro Rosset, Servizi d’Investimento di Banca di Cividale, i rischi di liquidità si sono visti soprattutto nel comparto obbligazionario a più alto rischio. “Lì la liquidità si è proprio prosciugata ed in molti casi il mercato non riusciva ad esprimere prezzi efficienti, con spread bid ask inconsueti. Ciò ha sortito effetti negativi anche sui nostri portafogli: eravamo esposti in maniera significativa ad high yield europei ed americani, alla ricerca di performance che il mercato dell’investment grade non poteva più fornire. Tant’è che, in proporzione, i nostri portafogli hanno sofferto più sulla parte obbligazionaria che su quella azionaria”.