Coerenza e specializzazione per non sentire gli alti e bassi dell’industria

Niccolò Rabitti, Executive Director, Morgan Stanley IM
Niccolò Rabitti, Executive Director, Morgan Stanley IM

Quello degli investimenti sostenibili è un tema ormai mainstream che vede un affollamento di player e la moltiplicazione di strategie e strumenti di investimento. Tra i motivi che guidano la crescita vi è anche la necessità di individuare aree di interesse per gli investitori, in grado di far ripartire una raccolta rivelatasi anemica per molte realtà dell’asset management nel corso del 2018. Differente il caso di Morgan Stanley Investment Management, tra le poche società in Italia a mostrare una crescita strutturale nonostante le difficoltà del settore negli ultimi 12 mesi, dando il proprio apporto ad una trimestrale del Gruppo che ha mostrato per il primo periodo del 2019 una crescita dei ricavi pari al 12% anno su anno per il settore dell’investment management (804 milioni di dollari a fine marzo contro i 718 milioni del 2018) con masse in gestione in rialzo del +2% (480 miliardi di dollari al 31 marzo, contro i 469 miliardi rilevati un anno prima).

Verso un’architettura sempre più guidata

Risultati raggiunti, secondo Niccolò Rabitti, executive director di Morgan Stanley IM, grazie a due valori su tutti: coerenza e specializzazione. “Il nostro messaggio è sempre stato chiaro e univoco nei confronti del mercato, focalizzato sulle expertise su cui possiamo fornire un reale e misurabile valore aggiunto per gli investitori”, afferma Rabitti. Prodotti azionari globali concentrati a gestione attiva, strategie flessibili multi-asset e strategie flessibili obbligazionarie sono le aree di eccellenza della casa di gestione e, afferma Rabitti, “la nostra forza è stata proprio quella di concentrarci nella proposizione di queste strategie”. “Il mercato”, aggiunge, “ha apprezzato questa coerenza ma soprattutto il fatto che in un anno particolarmente complicato per investire le nostre soluzioni di eccellenza hanno saputo differenziarsi rispetto ai valori mediani espressi dall’industria”. Una scelta strategica che parte da un dato di fatto. “In linea generale possiamo affermare che l’80% della raccolta viene dal 10% degli strumenti presenti in gamma”, fa notare l’Executive Director di Morgan Stanley IM. Un cammino verso la specializzazione che sarà, secondo Rabitti, il vero campo in cui si sfideranno gli asset manager nel prossimo futuro. La scelta di distributori, consulenti e investitori, sarà quindi sempre più consapevole e andrà a premiare quelle strategie e competenze realmente distintive.

Sostenibili ma rispettando il proprio DNA

Una view applicata anche al tema degli investimenti sostenibili, affrontato dalla casa di gestione in modo pragmatico e in linea con le expertise consolidate. “Innanzitutto”, sottolinea Rabitti su questo punto, “è importante trovare un accordo sulla questione tassonomica che porti ad una condivisa distinzione tra ESG, SRI e Impact Investing”. “La nostra scelta”, spiega, “è quella di concentrarci sul primo tra questi approcci, come avviene ad esempio per il nostro fondo MS INVF Global Sustain Fund che nasce dal MS INVF Global Brands Fund applicando in più l’esclusione dei settori alcolici e tabacco”. “Quest’ultimo”, aggiunge l’Executive Director di Morgan Stanley IM, “è già un fondo definibile come ESG poiché l’obiettivo del team di investimento incorpora fin dall’origine la valutazione degli aspetti ambientali, sociali e di governance, puntando ad individuare quelle aziende di qualità con un alto potenziale di crescita di valore nel tempo”. “In un portafoglio concentrato”, prosegue, “non si può correre il rischio che un cambio normativo o controversie e scandali intacchino il valore di una delle componenti poiché ciò avrebbe un effetto negativo dirompente sull’intero strumento”. Una valutazione di sostenibilità che è demandata quindi al team di analisi e non fa uso di rating esterni a difesa della piena libertà e responsabilità nella scelta da parte della gestione. “Un grande errore dell’asset management negli ultimi anni”, conclude Rabitti, “è stato pensare che tutti dovessero essere in grado di fare tutto. Crediamo che non oltrepassare il proprio perimetro di competenza e rafforzare i propri punti di forza sia centrale, sia in tema di sostenibilità che di gestione in generale”.