BTP: cronaca di una morte annunciata

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Si potrebbe ben titolare "Cronaca di una morte annunciata", facendo il verso al famoso romanzo di Gabriel García Márquez. Massimo Figna però, fondatore di Tenax Capital, da dieci anni gestore di Tenax Global Financial Fund Long/Short, non ha cercato nessuna perifrasi a riguardo: "La fine del BTP è la rinascita dell'Italia". Pubblicato da Guerini Next, il libro - che giovedì sarà presentato al circolo della stampa di Milano - è scritto a sei mani insieme ad Alberto Cordara, analista delle banche italiane di Bank of America-Merril Lynch, e al giornalista del Sole24ore Riccardo Sabbatini e spiega cosa sta succedendo alla principale forma di investimento degli italiani: la stagione d’oro del BTP sta finendo per sempre. Già nel 2010 gli investitori avevano improvvisamente scoperto che i titoli di Stato potevano nascondere un rischio. Cinque anni più tardi ne stanno sperimentando una debolezza ancora meno scusabile: rendono sempre meno. 

"Oggi i risparmi degli italiani sono allocati in due asset class: le case e i BTP", spiega Figna. "Gli italiani hanno una delle percentuali di detenzione di case di proprietà più alte al mondo. Non solo. Oggi se si compra un prodotto vita l'80% del sottostante è BTP, se invece ci si rivolge a un fondo comune i 2/3 sono fondi obbligazionari, con un altrettanto sottostante in BTP. Anche i possessori di libretto di deposito postale hanno dei BTP in pancia. Insomma, il 70% dei risparmio degli italiani è governativo, un trend che è perfino aumentato con la crisi. Affinché l'Italia abbia delle risorse che vengano ultizzate per attività produttive è necessario che il rendimento del BTP diventi basso, quasi nullo". Come a dire dalla "morte annunciata" del BTP possono germogliare nuove forme di vita che l’egemonia del credito sulla finanza e dello Stato sull’economia aveva finora impedito di veder crescere. Nel contempo, se è vero che ogni punto di riduzione del costo del debito italiano vale l’1,4% del PIL, il calo dei tassi sui titoli decennali può consentire di liberare risorse per finanziare gli investimenti e la crescita del Paese. Un’occasione da non perdere, secondo gli autori del saggio economico.

Ma perché i Buoni del tesoro stanno morendo? "Sono d'accordo con quello che ha detto di recente Robert Schiller: il calo dei tassi d'interesse sui titoli obbligazionari ha avuto inizio già da due decenni, quindi non è solo il risultato delle politiche delle banche centrali", continua il portfolio manager di Tenax Capital. "Molte sono le cause. Una stagione di bassa crescita economica e bassa inflazione in Europa schiaccia al minimo i rendimenti dei titoli. L'inflazione poi per i 2/3 è legata a due fattori: da una parte il prezzo del petrolio e dall'altra i salari". Ma “la morte del BTP”, sostiene il saggio, è soprattutto il frutto del processo di integrazione finanziaria in Europa, che ha avuto due tappe fondamentali nella nascita dell’euro e nell’avvio dell’Unione bancaria. 

"L'euro è stato un progetto molto sensato, anche se forzato", afferma il manager italiano trapiantato a Londra. "È stato realizzato con un'architettura parziale, senza altri elementi necessari, come l'unione finanziaria e fiscale". La formula da tenere a mente che lo stesso Figna ha coniato è che EBU=EMU. "L'Unione bancaria è stato un evento politico di pare entità all'introduzione dell'euro", spiega. "Non è una conclusione scontata ma fondamentale". E oggi, dopo il modello di vigilanza sovranazionale che nel novembre 2014 ha trasferito i maggiori gruppi bancari europei sotto il controllo diretto della Banca centrale europea, serve un ulteriore tassello: l'unione fiscale. 

A maggior ragione con la crisi greca che bussa alla porta con insistenza. "Una situazione paradossale, considerando che il PIL europeo è di 12 trilioni di euro", afferma il gestore. "È evidente che si tratta di una crisi politica e non economica, il che dimostra la difficoltà d'integrazione europea. Il fallimento non sta tanto nel fatto che un Paese non rispetti i patti - anche se sappiamo tutti che i numeri sono stati falsati - ma mette in discussione la modalità in cui l'Ue fronteggia le situazioni di crisi. Oggi l'Europa è senza dubbio più forte di prima, ma i sistemi devono essere economicamente più flessibili. Non si possono prendere decisioni politiche a seconda del momento o del Paese in questione".