Botoucharov (T. Rowe Price): “Divergenze nelle politiche monetarie? Da qui nascono importanti opportunità d’investimento”

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L’attuale contesto di crescita globale solida e sincronizzata e le opportunità offerte dalla divergenza tra i tassi di interesse a livello globale delle Banche centrali sembrano favorire i mercati emergenti come un’area ben diversificata su cui puntare tramite una forte gestione attiva della duration e strategie a spread. Sono questi i punti focali delle prospettive per il 2018 di T. Rowe Price, asset manager americano che gestisce 1.047 miliardi di dollari di masse, sbarcata in Italia tre anni fa con l’obiettivo di stabilire e importare i valori del brand e delle ‘best practice’ della società.

L’Italia rappresenta un mercato focus per lo sviluppo internazionale di T. Rowe Price. Donato Savatteri, country head della casa, ha tuttavia ribadito come dalla società offrano expertise quali la technology, altre strategie adattate ad hoc sul mercato europeo, e quindi italiano, rientranti nella categoria multi-settoriale obbligazionaria, come il Diversified Income Bond; oppure altri prodotti multi-asset come il Global Allocation Extended, strategia adatta per le esigenze specifiche del mercato europeo e in particolare quello italiano, che prevede al suo interno anche degli investimenti alternativi.

A detta del manager, in momenti di correzione dei mercati come quello attuale, a fare la differenza è proprio chi ha esperienza nella gestione, in una fase, quindi, nella quale viene alla luce la bontà della gestione attiva. T. Rowe Price dispone infatti di una piattaforma di ricerca, composta da 569 professionisti tra cui analisti, gestori e trader, con un continuo focus su nuove soluzioni di investimento. Il team è basato a Londra e si concentra in soluzioni multi-asset fatte su misura per gli intermediari.

Eccellenza e affidabilità sono quindi i due concetti principali su cui si basano dalla casa, dove per eccellenza si intende l’offerta di prodotti con degli ottimi rating, con dei gestori eccellenti e offrire quindi strategie di alta qualità. In secondo luogo c’è l’affidabilità, altra caratteristica molto importante per Savatteri e il suo team. “Siamo presenti sul mercato da più di 80 anni, ed abbiamo sempre evitato le principali crisi mondiali, dalla bolla internet alla crisi dei sub-prime, ecc. Offriamo una strategia solo a determinate condizioni, ovvero se vi è una domanda sostenibile, che duri nel tempo, che apporti beneficio al cliente e, ovviamente, che siamo in grado di svolgerla al meglio”, spiega il country head.

L’asset manager ha iniziato il proprio business in Italia partendo dagli investitori istituzionali e professionali, per poi espandersi anche sul ramo Unit Linked, retail e private banking, con otto accordi di distribuzione al momento attivi. Il team locale è cresciuto in tre anni da due a sei professionisti, a testimonianza dell’impegno e dei risultati della società. “Siamo focalizzati sulla qualità, che con MiFID II dovrà essere, per forza di cose, sempre più oggettiva e differenziante”, aggiunge.

“Abbiamo inoltre un focus continuo sui costi di gestione, non solo sulle management fees, ma sul total expense ratio pagato dal cliente, quindi anche spese amministrative, di trading, ecc. Il 90% dei nostri fondi azionari sono maggiormente competitivi rispetto alla media di mercato (dati al 31 dicembre 2017), mentre il 100% di quelli obbligazionari prevedono dei costi totali decisamente inferiori alla media. Ciò è molto importante perché i minori costi, in futuro, rappresenteranno un fattore differenziante”, spiega Savatteri.

Un 2018 tra Banche centrali ed emergenti

Con focus sui mercati emergenti, Peter Botoucharov, Emerging Market Credit analyst dell’asset manager, spiega come la volatilità sia in una fase di “stall mode”. A detta dell’esperto, l’ultima correzione dei mercati è attribuita a due fattori, ovvero alle incertezze sulle dinamiche inflazionistiche e alle politiche monetarie dei Paesi sviluppati, politiche che si muovono più velocemente, dove la ripresa dell’inflazione potrebbe determinare un’uscita più veloce dal QE.

Botoucharov spiega come, dal 2012, l’indice VIX sia entrato in una modalità “calante” per un periodo abbastanza prolungato, evidenziando come, negli ultimi 12 mesi, tale indice non si sia mosso nonostante una serie di problematiche geopolitiche e non.

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Ma quanto ampia potrà essere questa correzione? E quanto a lungo può ancora durare? Per Botoucharov, le principali tematiche a riguardo sono due: le aspettative dei mercati e le valutazioni degli asset. Ma come si definisce la volatilità? “Si definisce attraverso la crescita globale, le aspettative inflazionistiche, l’incertezza delle principali Banche centrali e le valutazioni dei mercati”, spiega il manager.

“Siamo in un periodo di crescita globale solida e sincronizzata, guidata principalmente da tre fattori: negli Stati Uniti, vediamo una politica fiscale più espansiva; in Europa, una ripresa degli investimenti fissi lordi, un calo della disoccupazione e un ciclo del credito ancora nella fase iniziale; negli emergenti, una fase di espansione supportata anche dai flussi commerciali internazionali, in aumento”, sostiene Botoucharov.

Tra le probabili conseguenze della solida crescita globale, il manager segnala in primo luogo il cosiddetto ‘re-levaring’, ovvero la ripresa dell’aumento della leva finanziaria, così come l’elevata attenzione da parte del mercato nei confronti delle Banche centrali: “È vero, stiamo vedendo posizioni meno accomodanti sulla politica monetaria, ma l’approccio resta comunque cauto e permane un’ampia liquidità a livello globale”, spiega l’esperto.

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Il manager si focalizza poi sulla divergenza nelle politiche monetarie delle Banche centrali, tema di attuale importanza: “Nel 2016 abbiamo registrato, sul fronte degli interventi delle Banche centrali, 87 tagli dei tassi di interesse a fronte di 38 rialzi; nel 2017, 82 tagli e 34 rialzi. È evidente che il panorama globale sia variegato e diversificato: nel ciclo dei tassi di interesse troviamo diversi Paesi di primo piano ancora nella fase di taglio del costo del denaro, per esempio Brasile, Russia, Sud Africa, Indonesia, e molti altri nella parte avanzata della fase di rialzo, come l’Argentina o il Messico. Insomma, guardando al di là dell’Eurozona, degli Stati Uniti e del Regno Unito, restano forti divergenze, da cui nascono importanti opportunità di investimento”, afferma l’analista.

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Ma ci sono comunque dei rischi. Rischi che, secondo Botoucharov, sono riconducibili essenzialmente all’Amministrazione Trump e al protezionismo commerciale, al fronte geopolitico, al rallentamento controllato della Cina e alle conseguenze della Brexit.

Nonostante ciò, per l’esperto, il costesto resta favorevole soprattutto per i mercati emergenti, area che gode infatti di una crescita più rapida rispetto ai mercati sviluppati, con livelli di indebitamento inferiori. “Anche nel caso dei rendimenti obbligazionari, la diversificazione è un concetto chiave, basti pensare che l’asset class del debito emergente vale circa 4.000 miliardi di dollari, un ammontare simile a quello del segmento dei bond societari americani”, conclude il manager.