Ecco la carta d’identità dell’investitore italiano

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aesop, Flickr, Creative Commons

Ogni anno BlackRock tasta il polso degli investitori a livello globale per conoscere il loro sentiment, le priorità e strategie d’investimento verso le quali si orientano negli scenari di mercato che si trovano a vivere. Per la quinta edizione del ‘Global Investor Pulse’ sono stati coinvolti oltre 28.000 investitori di 20 Paesi, di cui circa 2.000 residenti in Italia, che hanno risposto a domande riguardanti la fiducia nel clima finanziario, le pensioni, gli investimenti e la consulenza finanziaria.

I risultati della ricerca evidenziano innanzitutto che se da un lato la fiducia degli italiani nel clima economico e finanziario è in crescita (dal 42% dell’anno scorso al 45% di quest’anno), dall’altro scende considerevolmente (31% vs 49% del 2014) quando si tratta di prendere decisioni inerenti ai propri risparmi, complice l’instabilità sociopolitica globale. Le priorità degli investitori sono più focalizzate sulla conservazione del patrimonio già accumulato (risparmio e protezione del capitale) piuttosto che sulla sua crescita. Permangono, inoltre, timori significativi come l’aumento delle tasse (47%), l’elevato costo della vita (46%) e la pianificazione della pensione (39%).

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Il 40% degli italiani, inoltre, valuta in modo particolarmente positivo l’effetto dei tassi bassi (rispetto al 22% dei tedeschi, al 31% dei francesi e al 23% degli intervistati del Regno Unito) e 7 investitori su 10 affermano di aver rivisto le proprie modalità d’investimento, rendendo più articolata l’allocazione dei risparmi.

Investimenti, tra incertezza e poca educazione finanziaria

Quando si tratta di risparmi, lo studio evidenzia l’incertezza nell’investimento della liquidità quale fattore dominante. Un quarto degli intervistati, infatti, dichiara di non avere pensato a una precisa destinazione per la liquidità in portafoglio mentre il 77% non valuta la possibilità di impiegarla. Si tratta comunque di uno strumento impiegato soprattutto per far fronte alle necessità quotidiane, nello specifico alle spese mensili, future e di emergenza (54% ). Solo il 10% viene riservato a opportunità d’investimento e il 13% per piani di investimento a lungo termine. Tra i fattori che allontanano dagli investimenti ci sono, poi, le convinzioni di non avere un patrimonio sufficiente (36%), l’esigenza di avere una sicurezza in contanti (25%) e il timore di perdere il capitale iniziale (24%).

Il sondaggio conferma anche la scarsa educazione finanziaria degli italiani: in tema di investimenti hanno idee piuttosto confuse, sintomo di poche conoscenze di base in relazione sia alla costruzione del portafoglio d’investimento sia all’orizzonte temporale di riferimento. Di conseguenza, gli intervistati investirebbero la liquidità solo a fronte di un rendimento medio annuo dell’11% e sarebbero disposti a mantenere l’investimento per poco meno di 5 anni (32% del campione) che scende a 2 per il 30% dei partecipanti.

Risulta evidente che ancora oggi i risparmiatori non comprendono appieno i principali benefici della diversificazione offerta dai fondi, conosciuta dal 28% dei partecipanti al sondaggio ma ritenuta importante solo dal 19%. Guardano ai nuovi strumenti d’investimento, invece, emerge che il 45% degli italiani conosce gli ETF ma solo il 5% li detiene.

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Alla ricerca di una consulenza di valore

Sebbene il ricorso alla consulenza finanziaria in Italia rimanga il più alto d’Europa con una quota del 29% (nel Regno Unito è del 15%), la soddisfazione per questo servizio non presenta sempre livelli altrettanto elevati e, tuttavia, occorre fare delle precisazioni: il consulente bancario è quello più utilizzato in Italia (59%) ma che genera maggiore insoddisfazione; il consulente finanziario appartenente a una rete e il private banker, invece, sono figure meno gettonate (rispettivamente 24% e 11%) ma il cui servizio appare alla clientela italiana di migliore qualità. Il 43% degli intervistati, inoltre, ha dichiarato di essere disposto a pagare una commissione annuale parti a circa l’1% in cambio di una consulenza finanziaria di valore. Infine, il canale bancario rimane la principale fonte d’informazione con il 38%, seguita dai consulenti finanziari con il 31%. I Millennials risultano essere la categoria più incline all’utilizzo di strumenti digitali (55%).

Tecnologia per monitorare gli investimenti

Il 43% degli italiani si affida a fonti online per affrontare decisioni d’investimento a lungo termine e il 29% le ritiene affidabili mentre il 14% preferisce rivolgersi ad amici o alla famiglia. Il 42% degli italiani, inoltre, apprezza il canale online quando si tratta di controllare i propri investimenti per ragioni di maggiore trasparenza e sicurezza.

Un altro dato interessante riguarda la familiarità degli italiani con i roboadvisor (li conosce il 46% degli intervistati, percentuale in linea con le evidenze globali). Tra questi, il 57% pensa che potrebbe farne uso in futuro, ma solo il 10% lo afferma con certezza. Infine, il 32% dei potenziali utilizzatori  individua nel ‘brand’ il fattore determinante nella scelta e il 44% dichiara che ne farebbe uso solo dopo essersi confrontato con un consulente.

Pensioni, nota dolente

La questione pensionistica preoccupa particolarmente gli italiani che sanno di non poter fare affidamento solo sullo Stato. Tuttavia, solo il 56% ritiene di essere direttamente responsabile del proprio futuro previdenziale, percentuale che colloca l’Italia al livello più basso della classifica mondiale che vede gli statunitensi all’83%, i giapponesi al 79%, i cinesi al 60% e una media europea attestata al 76%. Non sorprende, dunque, che solo il 10% dei connazionali crede di essere sulla buona strada nella pianificazione della propria previdenza pensionistica (il 37% è consapevole di non fare abbastanza, il 23% non ne ha idea).

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