Beani (Amundi SGR): “Un 2019 oltre le più rosee aspettative”

Giordano_Beani_2
Giordano Beani, head of Multi-Asset Fund Solutions Italy, Amundi SGR

“Un’ottima annata”. Così Giordano Beani, head of Multi-Asset Fund Solutions Italy di Amundi SGR, descrive l’anno che si è appena concluso per i mercati finanziari. “A dispetto della guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina che ha tenuto in scacco i mercati e le economie per tutto l’anno scorso i risultati in particolar modo dei mercati azionari sono stati eccezionali, più che compensando il deludente 2018”, commenta.

Azionari

Com’è noto, gli Stati Uniti hanno sfiorato il 29% di rialzo dell’Indice S&P 500, trainati dal settore tecnologico (come mostra il rialzo di ben il 35% dell’indice Nasdaq Composite). L’Europa, dal canto suo, è riuscita a chiudere con un +23% dell’indice Stoxx 600, con l’area euro in rialzo di quasi il 25% (indice Eurostoxx 50). Beani, poi, sottolinea “la sorprendente performance del mercato azionario italiano, che con un cambiamento di governo inatteso e le incertezze relative alla Legge di bilancio, è riuscito a chiudere l’anno a +28%, grazie anche alla spinta finale delle modifiche alla normativa sui PIR”.

Anche i mercati emergenti hanno dato il loro contributo con la Cina che ha chiuso con un +36% (indice CSI 300), il Brasile che registra un rialzo del 31% dell’indice Bovespa, la Russia in rialzo del 28% (e un rublo in netto rafforzamento), mentre l’India si è ‘accontentata’ di un +14% dell’indice Sensex. Nel complesso l’indice MSCi Emerging in dollari è salito del 15,4%. Bene, infine, anche il Giappone con un rialzo del 18% dell’indice Nikkei 225.

Obbligazionari

Dal canto loro, tutti i comparti obbligazionari hanno saputo rispondere bene agli ottimi risultati portati a casa dall’equity, dai governativi ‘core’, Germania e Stati Uniti in primis, ai periferici della zona euro, ai comparti delle obbligazioni corporate per tutti i meriti di credito, dagli ‘investment grade’ agli ‘high yield’, per finire con le obbligazioni dei Paesi emergenti con performance che variano tra il +7% dei titoli investment grade dell’eurozona e il +18% dei titoli corporate statunitensi.

“Tali performance sono da ascrivere soprattutto al mutato atteggiamento delle principali Banche centrali, con in testa la Fed e la BCE, ma anche di pressoché tutti gli Istituti centrali dei Paesi emergenti, che da un atteggiamento restrittivo o neutrale nel 2018 hanno invertito la loro rotta nel 2019, con ribassi generalizzati dei tassi ufficiali e interventi di tipo non convenzionale, come la ripresa del QE da parte della BCE a partire da novembre”, spiega Beani.

Cosa ci riserverà il 2020?

Sicuramente più volatilità, come testimoniano le prime sedute del 2020, con una partenza in tono positivo, tarpata però dalla ‘escalation’ delle tensioni militari nell’Area del Golfo Persico in seguito all’uccisione a Bagdad da parte delle forze militari statunitensi del Generale iraniano Soleimani. “Oltre a ciò, sarà fondamentale seguire l’evoluzione dei rapporti commerciali sino-americani, dato che se, come appare, si arriverà alla sigla dell’accordo definito di prima fase, i mercati cercheranno subito di capire se alla prima potrà seguire una seconda fase, e in che cosa questa possa consistere”, analizza Beani.

Il 2020, infine, sarà l’anno delle elezioni presidenziali negli Stati Uniti. La volatilità non mancherà in relazione a come si svolgeranno le primarie democratiche durante l’anno via via che si chiarirà chi sarà l’oppositore di Trump a novembre. "Un candidato democratico considerato troppo ‘radicale’ dai mercati non sarà gradito, mentre una riconferma di Trump, con tutte le sue ‘peculiarità’, sarà comunque letto in modo positivo dai mercati, in particolare quello statunitense, ma potrebbe non bastare se dovessero riaffiorare i timori dell’avvicinarsi della fine del ciclo economico espansivo più lungo del secondo dopoguerra”, conclude l’esperto.