Bankitalia, nel biennio 2015-2016 l’impatto del quantitative easing sul PIL è intorno all’1,4%

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Il contributo del programma di acquisto alla crescita del PIL in Italia sarebbe pari a 0,5 punti percentuali nel 2015 e di quasi 1,4 punti percentuali complessivi nel biennio 2015-2016; il contributo all’inflazione sarebbe di 0,5 punti percentuali nel 2015 e di circa 0,7 nel 2016. Sarebbero questi gli effetti macroeconomici del PSPP (Public Sector Purchase Programme) sull’economia italiana contenuto nell’occasional paper di Banca d’Italia dell’aprile 2015 ‘Questioni di Economia e Finanza’ dal titolo: ‘Il programma di acquisto di attività finanziarie per fini di politica monetaria dell’Eurosistema’ a firma di Pietro Cova e Giuseppe Ferrero. Fanno sapere: “tramite il canale del tasso di cambio, il programma di acquisto di attività finanziarie innalzerebbe quella economica di quasi un punto percentuale cumulativamente nel biennio 2015-2016. Il deprezzamento dell’euro si rifletterebbe in particolare sulle esportazioni, che nel biennio aumenterebbero cumulativamente di quasi quattro punti percentuali. Il rafforzamento delle esportazioni derivante dall’aumentata attività economica beneficerebbe inoltre gli investimenti, che crescerebbero complessivamente di oltre due punti, fornendo un contributo rilevante alla domanda aggregata”.

Nello stesso tempo, “la discesa dei tassi di interesse a lungo termine e il miglioramento delle condizioni del credito bancario comporterebbero complessivamente un aumento della spesa delle famiglie, che avrebbero una minore convenienza a risparmiare, e delle imprese che potrebbero investire di più beneficiando del calo del costo d’uso del capitale”. I consumi crescerebbero quindi complessivamente nel biennio 2015-2016 di quasi mezzo punto percentuale, gli investimenti di oltre un punto. Complessivamente questo canale porterebbe a un ulteriore aumento del PIL di circa mezzo punto percentuale nel biennio. Continuano: “ulteriori effetti espansivi sull’attività economica, seppur di più modesta entità, deriverebbero dall’aumento della domanda estera intra-area”. L’impatto sulla dinamica dei prezzi avverrebbe pressoché integralmente attraverso il canale del tasso di cambio. Oltre al contributo diretto del cambio sulla componente importata dell’inflazione, vi inciderebbe l’espansione dei margini di profitto, che beneficerebbero dell’accelerazione dell’attività economica e dell’aumento della competitività di prezzo indotta dal deprezzamento del cambio. Questo sarebbe pari a 3 punti percentuali, cumulativamente, nel biennio.

Nel complesso gli effetti macroeconomici da noi stimati sono comparabili con quelli ottenuti dagli studi sui programmi di acquisto di titoli pubblici e privati condotti negli USA e in UK. A titolo di confronto, riproporzionando l’ammontare degli acquisti di titoli pubblici e privati nel corso degli ultimi anni dalla Fed e dalla Bank of England si ottengono impatti medi sul PIL e sull’inflazione molto prossimi a quelli ottenuti per l’Italia”. Va tuttavia notato che sottostante questi risultati medi c’è un range molto ampio di valori che denota un’elevata incertezza circa gli effetti. Ad esempio, per gli Stati Uniti nei diversi studi disponibili le stime degli effetti sul PIL e sull’inflazione oscillano tra un minimo pari a circa un settimo rispetto a quelli medi e un massimo pari a circa il doppio. “Questa elevata incertezza è in larga parte attribuibile al fatto che i programmi di acquisto rappresentano un elemento di novità nell’azione delle banche centrali”, spiegano. E precisano: “la valutazione degli effetti macroeconomici è resa difficile anche dal fatto che la gran parte dei canali di trasmissione degli acquisti poggia sulla variazione dei prezzi e dei rendimenti di attività finanziarie il cui legame con le variabili macro è solo parzialmente considerato nella maggior parte dei modelli quantitativi in uso presso le principali banche centrali”.

Infine, fanno sapere che “il QE potrebbe generare un aumento dei profitti bancari, al lordo delle imposte, di circa 1,7 miliardi di euro nel biennio 2015-2016 (300 milioni quest’anno e 1,4 miliardi il prossimo). Il margine di interesse delle banche dovrebbe ridursi quest’anno a causa della diminuzione dei tassi a lungo termine che comporterebbe una discesa dei tassi attivi non compensata da una riduzione della remunerazione dei depositi, già prossima allo zero. Ma dal 2016 l’aumento dei volumi di credito indotto dalla crescita contribuirebbe, secondo Via Nazionale, all’aumento del margine di interesse. “Alla fine l’impatto del programma di acquisto di titoli varato dalla BCE sul bilancio di Banca d’Italia sarà pari a circa 160 miliardi di euro, per la maggior parte dovuto agli acquisti dei titoli di Stato italiani, che ammonteranno a circa 130 miliardi, laddove l’impatto complessivo delle operazioni sul bilancio della BCE risulterà pari a 1.150 miliardi di euro, inclusi gli acquisti di covered bond e ABS. Bankitalia ha anche fatto sapere che all’avvio del programma circa 59 miliardi di covered bond e ABS erano già nel suo portafoglio, pertanto gli acquisti complessivi nell’ambito del programma di quantitative easing ammontano a circa 105 miliardi.