Il ridimensionamento del mercato azionario mette a dura prova il segmento small cap

Mesut Sahin, Flickr, Creative Commons
Mesut Sahin, Flickr, Creative Commons

Il ridimensionamento del mercato azionario, che ha visto il numero delle società quotate dimezzarsi negli ultimi 20 anni, rappresenta una vera e propria sfida per gli investitori, soprattutto per coloro che investono nell'azionario small cap. In particolare, non è diminuito solamente il numero di società che hanno emesso titoli azionari, ma anche il numero totale delle azioni scambiate sui mercati. Il forte rimpicciolimento del mercato azionario ha penalizzato particolarmente gli investitori attivi che si focalizzano sul segmento delle small cap. In particolare, la diminuzione del numero e della qualità delle small cap ha colpito in modo sproporzionato l’indice Russell 2000. Nonostante l’indice venga ribilanciato annualmente a giugno per includere 2000 nomi, le società aggiunte negli ultimi anni sono state tendenzialmente più piccole, più illiquide e di qualità inferiore rispetto alle società che sono state rimpiazzate. Gli esperti di T. Rowe Price fanno notare che l’inclusione nell’indice di nomi più vecchi, presenti da anni, e di società uscite dal novero delle mid e large cap, ha di fatto mascherato il notevole aumento di società di qualità inferiore nella parte bassa del Russell 2000. Il ridimensionamento del mercato azionario è stato determinato principalmente da alcuni fattori come l’aumento di fusioni e acquisizioni (M&A) e accordi di private equity, il declino dell’attività di IPO, la maggiore regolamentazione, l’aumento dell’attivismo degli azionisti, il declino significativo del numero delle società che si sono quotate e dai diversi fallimenti societari. Inoltre, il desiderio di quotarsi (o di continuare ad essere quotati) è stato ulteriormente smorzato dall’aumento degli oneri normativi e dei costi di compliance derivanti dal Sarbanes-Oaxley Act del 2002, così come da uno scenario caratterizzato da tassi estremamente bassi e da una crescita economica lenta che ha incoraggiato le società ad acquistare le proprie azioni, riducendo ulteriormente la disponibilità dei mercati.

Nello scenario attuale, T. Rowe Price mantiene un approccio disciplinato in modo da identificare società di qualità con prezzi ragionevoli e forti team dirigenziali che consentano di generare flussi di cassa persistenti e sopra la media. Gli analisti della casa americana fanno notare come il focus sulle azioni di alta qualità può consentire una gestione del rischio al ribasso in caso di recessione, mentre l’approccio fondamentale e paziente può potenzialmente ricompensare nel corso del tempo. In particolare, nei portafogli core la società continerà ad applicare una filosofia di investimento contrarian, includendo sia titoli value che growth, mentre nelle situazioni di tipo value punta ad individuare società che stanno affrontando sfide transitorie.

Nella categoria degli azionari USA Small Cap troviamo un prodotto T. Rowe Price con rating Consistente, il  T. Rowe Price Funds SICAV - U.S. Smaller Companies Equity Fund. Il comparto, dopo un primo trimestre positivo (+2,85%), ha generato una performance negativa nel secondo trimestre (-3,05%) e ha sofferto il crollo dell’azionario statunitense small cap verificatesi tra il 25 luglio e il 21 agosto, con l’indice Russell 2000 che ha perso il 6,4%. Il prodotto mira ad incrementare il valore delle sue azioni nel lungo periodo investendo principalmente in un portafoglio diversificato di azioni di società statunitensi a bassa capitalizzazione. Il team di gestione combina la ricerca fondamentale, finalizzata ad individuare società non molto seguite, dotate di chiari piani aziendali, flessibilità finanziaria e team direttivi collaudati, ad una paziente strategia di negoziazione al fine di promuovere la piena realizzazione del valore. Il fondo può far ricorso a strumenti derivati a fini di copertura e per una gestione efficiente del portafoglio. Il fondo è caratterizzato da un'elevata diversificazione settoriale, concentrando gli investimenti prevalentemente nel settore tecnologico (17,65%), finanziario (15,28%), dei beni industriali (14,44%), della salute (11,72%) e dei beni di consumo ciclici (10,57%).