Arca SGR, le offerte arrivano ma l’ultima parola spetta al CdA

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immagine ceduta dall'entità

Le offerte per l’acquisizione di Arca SGR sono arrivate e continuano ad arrivare (soprattutto dall’estero, tra Stati Uniti e Europa) da parte di operatori del settore e anche da realtà di private equity, ma devono essere gradite al CdA. “Il prezzo d’acquisto è solo una delle variabili. Il vero punto di snodo è la qualità”, ha detto l’AD di Arca SGR Ugo Loser e ha aggiunto: “al momento sono tutte offerte arrivate dall’estero”. Un’affermazione, questa, che non nasconde una certa riluttanza nei confronti dell’italianissima Anima SGR che, lo scorso 10 novembre, si è fatta avanti con un’offerta non vincolante. Sul tema ha detto Loser: “tecnicamente una proposta che non passa dal management è un’offerta ostile e tale sarà considerata nella forma e nella sostanza”.

Ma andiamo con ordine. Lo scorso 6 novembre la statunitense Atlas Merchant Capital ha presentato un’offerta non vincolante (valutazione: un mld di euro) che però al momento resta lettera morta (ovvero non c’è stata nessuna risposta da parte dei grandi soci) ma ha aperto le danze a una probabile agguerrita battaglia da parte di fondi di private equity internazionali interessati al settore dell’asset management. In ogni caso, l’ultima decisione spetta al consiglio di amministrazione. Ha fatto sapere l’ad della SGR, Ugo Loser che “nessuna offerta sarà considerata se non sarà contestualizzata nell’attuale assetto di governance della società, basato sul contratto di associazione in partecipazione che la lega ai soci distributori”. In altre parole, gli occhi delle banche azioniste dell’asset manager sono puntati sulla qualità del progetto industriale e di governance. Al momento pare manchi una vera e propria condivisione degli obiettivi.

Arca, del resto, è al centro di un processo di riassetto dell’azionariato in cui, in particolare, BPER vuole svolgere un ruolo di primo piano. Se, dopo l’uscita del Banco Popolare, anche la Popolare di Vicenza e Veneto Banca (azioniste per il 19,99% a testa) sembrano orientate a fare un passo indietro, la Popolare di Sondrio e soprattutto la BPER (socie rispettivamente al 12,9% e al 19,99%) non hanno intenzione di abbandonare l’asset manager milanese. Il recente riassetto societario dovrebbe portare BPER al 40% del capitale di Arca, facendone in questo modo l’azionista di maggioranza relativa. C’è quindi da capire, per esempio, se c’è lo spazio per un nuovo azionista di maggioranza. Sulle offerte, Loser ha detto, appunto che “sono tutte arrivate dall’estero”. In realtà, come accennato sopra, lo scorso 10 novembre, un giorno dopo l’offerta del private equity USA è arrivata un’offerta non vincolante anche da parte di Anima SGR. E a questo proposito, l’AD Carreri aveva detto: “a differenza di un private equity, un operatore industriale come Anima potrebbe garantire un solido progetto di crescita e di generazione di sinergie molto significative, non solo di costi ma anche e soprattutto di ricavi”. E sull’argomento, Loser ha specificato che “i soci sono liberi di decidere ma il fatto che nella proposta formulata da Anima ci sia una significativa componente di azioni non sarà accolto entusiasticamente da tutti”.

In ogni caso, al momento le offerte non vincolanti aperte sono quella di Atlas che ha messo sul tavolo 1 miliardo di euro: una parte fissa per 740 milioni e una variabile fino a 260 milioni. Quella di Anima che ha espresso una valutazione preliminare del 100% di Arca pari a 700-800 milioni, anche se si è dichiarata disponibile a rilevare una quota inferiore che permetta agli attuali azionisti di restare nel capitale. Infine, negli stessi giorni, è arrivata anche l’offerta del fondo di private equity londinese Centerbridge per l’acquisizione del 40%. Secondo rumors di mercato, la valorizzazione della SGR non sarebbe lontana da quelle precedenti. Ma, a differenza delle manifestazioni di Atlas e Anima, che puntano rispettivamente all’acquisizione del 60% e del 100% della SGR, la proposta di Centerbridge prevede l'ingresso nella compagine societaria con una quota di minoranza: con questa mossa il fondo opterebbe per la condivisione delle strategie con le banche distributrici, che manterrebbero il controllo del gruppo.