AIBE, il patrimonio gestito da gruppi esteri in Italia è salito del 31%

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foto: autor capsicina , Flickr, creative commons

Nel 2015 è proseguita la crescita della massa gestita dagli operatori dell’industria dell'asset management in Italia. A fine dicembre il valore degli AUM nelle gestioni collettive e di portafoglio ha raggiunto i 1.834 miliardi di euro (+15% su base annua). È quanto emerge dal VII rapporto AIBE nella presentazione del report ‘Foreign Banks and financial intermediaries in Italy’ che dedica una sezione proprio al risparmio gestito. Emerge che il patrimonio gestito da gruppi esteri è pari a circa 447 miliardi di euro (+31%), ovvero il 24% del totale. Negli ultimi anni il trend di crescita ha riguardato la maggior parte dei comparti della gestione collettiva e di portafoglio, in alcuni dei quali gli operatori esteri detengono quote particolarmente significative (fondi aperti, 36%; gestione di patrimoni previdenziali, 46%). Negli ultimi anni è cresciuta anche la quota di mercato degli intermediari esteri nel comparto dei fondi pensione. A fine 2015 tali operatori detengono circa 21 miliardi di euro di AUM (+3,5 miliardi di euro nell’anno), con particolare rilievo nei fondi pensione negoziali (52%).

Particolare attenzione va al debito. Alla fine del 2015, il debito pubblico lordo italiano ha aggiunto l’importo di 2.171,67 miliardi di euro, con un tasso di crescita dell’1,7% rispetto al 2014, il più basso tasso di crescita annuo degli ultimi 8 anni. Secondo i dati pubblicati da Banca d’Italia nella Relazione Annuale, la domanda estera di titoli del debito pubblico italiano era concentrata nelle scadenze di medio-lungo termine. A fine del 2015, gli investitori stranieri detengono circa il 38% dei titoli del debito pubblico italiano. Il 61% di essi proviene dall’area euro (in particolare, Francia, Lussemburgo, Germania e Spagna); altri Paesi rilevanti sono Stati Uniti, Regno Unito, Cina e Giappone. “E’ proseguito, e in alcuni comparti si è rafforzato, l’interesse degli intermediari esteri nei confronti delle imprese italiane. Nel settore del Corporate & Investment Banking la crescita dei volumi e degli scambi ha riguardato soprattutto i prestiti sindacati e le cartolarizzazioni. La dimensione dei diversi comparti resta, tuttavia, quasi ovunque inferiore alle medie pre-crisi”, spiega Guido Rosa, presidente AIBE.

“L’Annual Report sulle attività 2015 conferma che la presenza delle banche e degli operatori esteri è stabile, consolidata in diverse aree di attività e strategica per concorrere al cambiamento necessario”, precisa. I prestiti sindacati da emittenti italiani sono stati, nel 2015, pari a circa 77 miliardi di euro (44 nel 2014), con un consolidamento della quota dei soggetti esteri (85%). In particolare le operazioni assistite, congiuntamente, da pool di bookrunner domestici ed esteri sono più che raddoppiate in volume (da 25 a 58 miliardi di euro). Anche il mercato delle cartolarizzazioni (ABS e MBS) ha visto una sostanziale ripresa: i volumi sono cresciuti da 7,3 a 11,4 miliardi di euro. Sebbene la quota dei bookrunner esteri si sia ridotta (dal 91% al 69%), pur restando molto significativa, i volumi da essi intermediati sono comunque cresciuti (+1,2 miliardi di euro). Spiega ancora: “è calata la quota dei soggetti esteri nel project finance (dal 41% al 38%), peraltro in un mercato in ulteriore contrazione (meno di 2 miliardi di euro di deal nel 2015). I soggetti esteri sono presenti nella top 10 dei deal con cinque operatori, i quali concentrano circa i tre quarti dell’intera operatività dei player esteri (548 su 748 milioni di euro). La raccolta complessiva del comparto del private equity e del venture capital è sostanzialmente raddoppiata nel 2015 rispetto al dato 2014 (2,8 miliardi di euro)”.

La dimensione del mercato italiano dell’M&A, stabile rispetto al 2015 (50 miliardi di euro), ha visto un rafforzamento della quota di investitori esteri (55% in volume e 35% in numero). Focalizzando invece l’attenzione sugli intermediari esteri coinvolti nelle operazioni di M&A con ruolo di advisor, si rileva che nel 2015 essi sono stati presenti in operazioni per un controvalore pari a circa il 47% del valore del mercato italiano dell’M&A.

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