AIAF, il valore aggiunto di un consulente attivo

Nel contesto attuale, dove l'elevata volatilità rende i mercati imprevedibili e i tassi sono sempre più bassi, il fai-da-te rischia di rivelarsi molto pericoloso. Mai come in questo scenario, per proteggere il proprio capitale, gli investitori hanno necessità di fare riferimento a strumenti la cui gestione sia affidata a degli esperti, capaci di evitare brutte sorprese. Cresce, infatti, il numero di investitori italiani che ritiene sempre più necesario, per prendere decisioni d'investimento più consapevoli, un servizio di consulenza finanziaria professionale ed evoluta. Questa l'opinione di Paolo Balice, presidente dell'AIAF, l'Associazione italiana degli analisti e consulenti finanziari, la cui scuola di formazione (AIAF Financial School) ha istituito la nuova divisione Consulenti finanziari, con l’obiettivo di fornire un supporto formativo anche a questa nuova figura professionale.

Considerando l'alta volatilità dei mercati e i tassi sempre più bassi, quali sono i rischi dell'investimento fai-da-te?
Il rischio maggiore, e peraltro più diffuso, è quello di rincorrere il rendimento su singole emissioni corporate o bancarie dimenticando il rischio specifico. La tipica mancanza di diversificazione che caratterizza l'investimento fai-da-te può portare ad altissimi rischi, in vigenza del "bail-in". Credo che su molti portafogli obbligazionari tenuti in amministrato sia opportuna una vera e propria due diligence fatta da esperti terzi accreditati.

Oggi più che mai, il mercato della consulenza ha necessità di professionisti altamente preparati, qual è la risposta dell'AIAF?
La nostra Business School ha creato una divisione Consulenti finanziari dedicata ai professionisti di alto profilo. L'AIAF può contare sull’altissima preparazione tecnica dei suoi docenti, che adottano un taglio operativo e non accademico. Ma credo che l'aspetto che spieghi il profondo valore di AIAF sia la possibilità per un consulente finanziario di diventare socio ed entrare in una community di tecnici, partecipare ai gruppi di lavoro e rappresentare l'AIAF in contesti nazionali e internazionali. 

In questo contesto, cosa devono fare gli investitori per proteggere il proprio capitale?  
In un mondo a tassi zero quando si esce (per assenza di rendimento) dagli investimenti 'ordinari' non esistono soluzioni semplici. Comunque, ampliando il punto di osservazione, possiamo dire che la combinazione di diversificazione, ottimizzazione fiscale e buona capacità gestionale fa la differenza. Il peso della diversificazione quando il rischio specifico aumenta lo abbiamo già spiegato parlando di obbligazioni. La ricerca di ottimizzazione fiscale nasce dalla complessità della normativa italiana sulla tassazione delle attività finanziarie e dalla necessità di valutare possibili evoluzioni sulle tasse di successione. Sul terzo punto è chiaro che essere in grado di selezionare un buon gestore o più gestori specializzati è un’operazione articolata, ma necessaria in un mercato complesso. 

Dal punto di vista operativo, quale strategie suggerisce di mettere in atto nel 2016? 
È un anno volatile, ma non vedo rischi sistemici. Non esiste un portafoglio tipo perché dipende dal profilo di rischio dell'investitore. Più in generale, vista la forte rotazione settoriale, vedo più importante perseguire una gestione globale azionaria attiva a forte connotazione settoriale che scegliere specifiche aree geografiche. Per esempio molti strategist hanno indicato il mercato azionario europeo come area interessante in quanto sottovalutata. Ma questa affermazione basata sull'osservazione dei tipici rapporti borsistici non tiene conto dei forti limiti della governance comunitaria in area euro. Nonostante quanto accaduto durante e dopo la crisi del debito sovrano qualcuno non ha ancora capito che in Europa prima viene lo sviluppo e poi l'aggiustamento dei conti pubblici. Altro elemento da monitorare è la capacità della Cina di controllare la ricomposizione della domanda interna a favore dei consumi ed evitare che questo porti a un eccessivo rallentamento con riflessi sui principali partner commerciali. Detto questo, la deflazione alimentata anche dal crollo del petrolio lascia libere le mani alle banche centrali per cui una recessione mondiale la escluderei. 

In particolare, all'interno dei vari strumenti finanziari, qual è il giusto equilibrio tra azioni, bond e altre asset class? E ancora, quali aree/settori sono da preferire a quali, invece, da evitare?
Ripeto, dipende dal profilo di rischio. Non credo comunque si possa evitare una quota azionaria del 15-20% su un portafoglio conservativo e una quota di obbligazioni corporate tramite strumenti di risparmio gestito sulla parte obbligazionaria. Il tema sarà comunque la gestione attiva della volatilità e l'attenta selezione della qualità degli emittenti. Ci sono fattori importanti come, per esempio, il livello a cui si assesterà  il prezzo del petrolio che condizionerà le scelte settoriali. La volatilità, i repentini cali di mercato che talvolta sono indiscriminati consentono di cogliere opportunità di acquisto importanti su società sane, profittevoli e con posizioni di leadership sui propri segmenti di mercato.

In questo scenario, come si inseriscono i fondi di investimento?
Più che il tipo di prodotto conta il gestore e l’effettiva libertà nel portare avanti una gestione attiva, non incollata al benchmark. Altrimenti tocca guardare agli ETF e sarebbe un vero peccato dover rinunciare in mercati così volatili e complessi al valore aggiunto di un gestore attivo. È chiaro che il mercato pone al gestore sfide importanti sia nel controllo del beta, cioè il rischio di mercato, che nella ricerca di alpha, cioè la capacità di selezionare le società e i titoli. Si tratta di un mercato che talvolta privilegia chi ragiona in base alla analisi tecnica e quindi si concentra in strategie di breve termine ma l'idea, per chi non si spaventa e ha pazienza, è che nel lungo termine i valori in Borsa si ricollegano ai fondamentali.