Uno sguardo agli emergenti, in vista del nuovo anno

Claudio Ungari, Flickr, Creative Commons
Claudio Ungari, Flickr, Creative Commons

In tutti i mercati emergenti, si continuano a vedere significative variazioni tra economie vulnerabili e una serie di economie molto più forti. Sulla scia delle elezioni statunitensi a novembre 2016, i mercati hanno penalizzato molti Paesi emergenti a causa di timori che le politiche USA protezionistiche potrebbero danneggiare i commerci globali. Tuttavia, si è visto uno spostamento delle dichiarazioni iniziali dell’amministrazione entrante, dall’imposizione di alte tariffe a un equilibrio di libero ed equo scambio. Vi sono diversi scenari, quindi, in cui gli impatti effettivi per specifiche economie emergenti, da aggiustamenti della politica commerciale, potrebbero essere minimi o trascurabili.

Inoltre, una serie di Paesi emergenti ha già superato gravi shock nel corso dell’ultimo anno e appare molto più resistente a potenziali incrementi dei costi commerciali, al margine di quanto hanno indicato i mercati. Diversi mercati emergenti nell’ultimo decennio hanno aumentato le loro protezioni in termini di riserve estere, portando le loro partite correnti al surplus o vicino al saldo, migliorando i loro bilanci fiscali, e riducendo le passività in dollari USA. Durante periodi di incertezza di breve periodo, i mercati tendono a esagerare i potenziali fattori di politica monetaria statunitense e a sottovalutare i più importanti fattori domestici all’interno dei Paesi.

A riguardo, Michael Hasenstab, executive vice president, portfolio manager e chief investment officer di Franklin Templeton Global Macro, fornisce una breve analisi sulle loro prospettive, “prevediamo che tali valutazioni in ultima analisi ritornino verso i loro fondamentali sottostanti nel lungo periodo, man mano che i mercati valuteranno più accuratamente il loro valore effettivo. Abbiamo prospettive positive per diverse esposizioni in valuta locale in specifici mercati emergenti che vediamo come sottovalutati, nello specifico Messico, Brasile, Argentina, Colombia, Indonesia e Malesia, tra gli altri”.

Sul Messico Hasenstab aggiunge, “nello specifico, per quanto attiene il Messico, qualunque restrizione al libero commercio non porrebbe fine agli scambi tra gli Stati Uniti e il Messico, ma innalzerebbe solamente i costi. Molte delle più grandi società statunitensi hanno ingenti investimenti in Messico e hanno integrato la produzione messicana nelle loro catene di fornitura. Questo complica considerevolmente la capacità di qualunque amministrazione di ridurre significativamente gli scambi tra i due Paesi, anche con un’imposizione di tariffe. Gli effetti negativi sul peso messicano da potenziali restrizioni commerciali sono stati eccessivamente incorporati dai prezzi di mercato, e non rispecchiano il fair value se si prende in considerazione un ritorno agli standard commerciali dell’OMC (Organizzazione Mondiale del Commercio)”. “Ci aspettiamo una ripresa del peso messicano, mentre la banca centrale del Paese continua a utilizzare la politica monetaria per rafforzare la valuta e i mercati ritornano al fair value sottostante”, conclude l’esperto. 

Secondo le valutazioni di Franklin Templeton, selezionati mercati emergenti rimangono forti e sottovalutati. Sull’Indonesia inoltre, Hasenstab aggiunge, “l’Indonesia è anch’essa un forte esempio della tenuta di specifici mercati emergenti. Abbiamo visto i prezzi delle materie prime crollare, i volumi degli scambi scendere e la crescita della Cina diminuire, tuttavia l’Indonesia è ancora cresciuta del 5%, con partite correnti equilibrate se si includono gli investimenti diretti esteri. In aggiunta, abbiamo visto massicci deprezzamenti delle valute emergenti nel 2016, tuttavia non vi sono stati problemi di solvibilità in Paesi quali Indonesia o Malesia. Venti anni fa, avrebbe potuto essere più difficile per molti di questi Paesi contrastare uno shock commerciale protezionista, uno shock dei prezzi delle materie prime e uno shock dei tassi di cambio tutti allo stesso momento. Tuttavia, oggi questi Paesi si trovano in posizioni molto più forti per gestire questi tipi di spostamenti macroeconomici e cambiamenti delle politiche commerciali globali”.

Lo scenario macroeconomico e politico dei mercati emergenti sta quindi migliorando, anche per quanto riguarda la Cina. Allo stesso tempo, le società europee hanno un’esposizione ai mercati emergenti più consistente di quelle statunitensi. “Ciò rappresenta la possibilità di beneficiare di una crescita di lungo termine senza l’elevata volatilità tipicamente associata all’azionario delle imprese dei mercati emergenti”, fanno sapere da Degroof Petercam AM. Secondo l’asset manager belga quindi, vi è una maggiore possibilità di accesso ai mercati in crescita, quali appunto quelli emergenti.

Tim Love, responsabile strategie azionarie Paesi Emergenti di GAM, fa una breve introduzione sui VARP, “Vietnam, Argentina, Romania e Pakistan rappresentano un insieme di geografie, linguaggi, storie e culture aziendali con un denominatore comune, ovvero ciascuna offre significative opportunità di crescita. Le economie dei VARP sono più di 13 volte più piccole dei BRICs, e perciò non ci aspettiamo che sostengano l’economia globale allo stesso modo, o che possano generare lo stesso livello di rendimento per gli investitori. Tuttavia, questi mercati offrono una dimensione più profonda a un portafoglio che investe sui mercati emergenti, con potenziali rendimenti ponderati per il rischio interessanti, per via della loro diversità”.

Infine Frank Nicolas, head of investment & client solutions di Natixis Asset Management, fa un breve punto per il 2017, “sui mercati emergenti, le selezione sarà la parola d’ordine: anche se i fondamentali sono in via di stabilizzazione, l’aumento del dollaro potrebbe essere un freno per la crescita di alcune aree”.