Via libera del governo ai 20 miliardi per salvare le banche

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foto: autor GotCredit, Flickr, creative commons

È arrivato il via libera dell’aula della Camera e del Senato all’autorizzazione chiesta dal governo per un aumento del debito fino a 20 miliardi di euro per finanziare provvedimenti a sostegno del sistema bancario. I sì della Camera sono stati 389 (oltre alla maggioranza hanno votato a favore anche i deputati di Forza Italia e quelli di Ala-Sc), i no 134 e le astensioni otto. Il primo salvataggio sarà quello di Mps. Parlando del Decreto salva-risparmio in Parlamento, dove il governo ha ottenuto il via libera a contrarre 20 miliardi di debito in più per gli interventi sulle banche, il ministro dell’economia Pier Carlo Padoan ha detto che “questa misura rafforza la capacità del sistema Italia di crescere e consolidarsi e la crescita sarà un ulteriore elemento facilitatore dei bilanci bancari”.

La banca senese, nel frattempo, ha elaborato un secondo supplemento al prospetto informativo in merito alla conversione dei bond subordinati e alla sottoscrizione di nuovi azioni della banca. In entrambi i casi, in vista dell’operazione di aumento di capitale da 5 miliardi di euro. La banca senese ha reso noto al mercato nella notte che la Consob ha dato il via libera al nuovo documento, un dossier di 55 pagine che contiene una serie di avvertenze nuove e avvisi di rischio in relazione all’operazione.

Innanzitutto c’è il fatto che “gli investitori sono sollecitati in un contesto caratterizzato dal progressivo deterioramento delle condizioni della banca e del gruppo”. Con la conseguenza che l’istituto senese ha avvisato gli investitori che hanno già aderito alla conversione o che abbiano prenotato nuove azioni che ora hanno la possibilità di esercitare il diritto di revoca. Nel nuovo documento è riportato che l’investimento di Atlante nei titoli junior mezzanine per un importo massimo di 1,526 miliardi è subordinato a una serie di condizioni. Tra queste, che “si sia completato con successo il prospettato aumento di capitale per 5 miliardi, mediante la relativa sottoscrizione e il versamento prevalentemente da parte di investitori di mercato (e quindi anche diversi dagli attuali azionisti)”. Inoltre che si resti “nell’ambito di un’operazione di mercato”, che preveda un’adesione da parte dello Stato complessivamente non superiore a 1 miliardo senza misure di sostegno finanziario pubblico straordinario o altre forme di intervento pubblico (direttiva Brrd).

Quanto ai costi, la banca ha pubblicato, nel secondo supplemento, una tabella in cui elenca quelli connessi all’aumento da 5 miliardi di euro. Nel complesso si tratta di 558 milioni (stima costi) comprese le svalutazioni al lordo dell'effetto fiscale. Nello specifico: l’aumento di capitale pesa per 84 milioni di euro, la cartolarizzazione per 69 milioni, il Liability Managemement per 18 milioni, il piano industriale per 2 milioni, altro per 6 milioni. Il totale costi vivi è quindi di 179 milioni. Segue la cartolarizzazione-perdita “sui due prestiti subordinati (Fase Bridge) per 179 milioni, il corrispettivo da riconoscere a Quaestio per la cancellazione del warrant per 200 milioni di euro e si arriva al Totale costi e svalutazione per 558 milioni di euro”. Sul fronte della conversione dei bond, sembra siano stati apportati titoli per un miliardo; insieme al miliardo già raccolto nel precedente periodo di conversione, si arriverebbe a 2 miliardi. Nell’importo sono inclusi i 200 milioni della conversione dei titoli Fresh, in possesso ad alcuni fondi.

Ma l’impresa davvero difficile è trovare investitori privati interessati all’aumento di capitale vero e proprio. Nessuno sa più nulla del Qatar, per esempio. Quanto all’intervento di Atlante, emerge la condizione che sospende l’intervento del fondo sulle sofferenze (è prevista la vendita di un pacchetto da 27 miliardi) in caso di partecipazione dello Stato all’aumento di capitale oltre 1 miliardo di euro o in caso di risoluzione. Quanto all’intervento del Governo, che si concretizzerà come supporto alla liquidità degli istituti e intervento diretto nelle ricapitalizzazioni, secondo gli analisti finanziari di Bloomberg, “rischia di esser un ombrello troppo piccolo per riparare le banche dalla tempesta di svalutazioni legata alla cessione dei crediti deteriorati in pancia agli istituti: l’ammanco di capitale, se si considerano i potenziali accantonamenti per coprire le svalutazioni legate alla cessione dei crediti, ammonterebbe a ben 52 miliardi, due volte e mezzo la cifra messa sul piatto dal governo”. La stima dell’agenzia americana include gli 8 miliardi che Unicredit dovrà rettificare a bilancio prima di vendere il suo pacchetto di 18 miliardi di sofferenze e usa proprio questa proporzione come un punto di riferimento per tutto il sistema bancario.