Quali obblighi informativi per le operazioni su strumenti finanziari derivati?

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L’operatività in strumenti derivati non onera la banca ad una informativa specifica per ogni singolo ordine di investimento, considerata la struttura delle operazioni di investimento e il tipo di investimento. La Suprema Corte (Cass. Civ., Sez. I, 24-2-2016, n. 3624), confermando la sentenza della Corte d’Appello di Torino (n. 962 del 1-7-2009) ha rigettato il ricorso proposto dagli investitori, i quali lamentavano la violazione degli doveri di informativi collegati alla sottoscrizione di contratti derivati. La Corte di Legittimità, affrontando i vari motivi di impugnazione proposti, delinea chiaramente quale sia l’onere di informativa dovuto dall’intermediario finanziario al cliente nel caso di esecuzione di operazioni su strumenti finanziari derivati, sottolineando “come, atteso lo strumento prettamente speculativo, scolora ai fini informativi del rischio il rilievo del cd. sottostante (titolo, indice, ecc.) di riferimento dell’operazione di investimento in strumenti finanziari derivati

L’informativa che, quindi, può essere validamente resa all’investitore non è nella valutazione del “sottostante”, bensì un’informativa generale resa attraverso la conclusione dei rapporti disciplinanti nello specifico i servizi di investimento, proprio in virtù delle particolari caratteristiche specifiche degli strumenti finanziari derivati: “si può convenire con la generale affermazione che l’informazione dell’intermediario circa i titoli deve essere specifica, non solo al momento della conclusione del contratto- quadro, ma anche in quello della sottoscrizione dei singoli ordini (cfr. Cass. 19 febbraio 2014, n. 3889): tuttavia, la ratio sottesa al principio palesa come esso non si adatti all’ipotesi in cui i connotati di rischio siano definibili ex ante e non appartengano, invece, ad ogni singola scelta di investimento o al valore intrinseco di un titolo, ma proprio al meccanismo contrattuale, riguardante prodotti tutti uniformemente ad elevato rischio (come gli strumenti finanziari derivati su titoli, merci e indici di mercati regolamentati); per questi, allora, l’informazione è rispettosa delle norme predette laddove sia chiara ed inequivoca in ordine alla natura ed alle caratteristiche di rischiosità di quel genere di operazioni a struttura speculativa.

Ciò dipende, in altri termini, dalla natura stessa delle operazioni in derivati, dove, assai più che il singolo cd. sottostante, il cliente deve comprendere i rischi per definizione connessi al tipo di operazione: il rischio, infatti, è suscettibile di essere influenzato dal meccanismo di questa, onde la banca ha l’obbligo di spiegarlo compiutamente. Ed è proprio a tale esigenza che risulta volta la stipulazione di un secondo contratto, avente specificamente ad oggetto le operazioni in strumenti derivati, che dettagliatamente ne chiarisca il funzionamento”.

Nel confermare, dunque, la decisione dei Giudici di merito, la Corte Suprema sottolinea la corretta valutazione compiuta dal Collegio di secondo grado in ordine alla prova dell’effettivo adempimento informativo, mediante la prefigurazione al cliente del “peggiore degli scenari configurabili”, così come riportato nel contratto disciplinante la negoziazione di strumenti finanziari derivati (nel quale si ricordava che “il valore di mercato dei contratti oggetto dell’accordo “è soggetto a notevoli variazioni” e l’investimento “comporta l’assunzione di un elevato rischio di perdite di dimensioni anche eccedenti l’esborso originario e comunque non quantificabili””), nonché “il documento sui rischi generali degli investimenti, il quale reca un’apposita sezione relativa alla “rischiosità degli investimenti in strumenti finanziari derivati”, in particolare chiarendo quanto che la vendita di un’opzione “comporta l’assunzione di un rischio molto più elevato di quello relativo al suo acquisto”, con perdite “potenzialmente illimitate””.