Per combattere la volatilità meglio puntare sulla gestione attiva

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Curran Kelleher, Flickr, Creative Commons

Secondo un sondaggio condotto da Natixis Global Asset Management presso i decision maker di 500 investitori istituzionali a livello globale riguardo al loro outlook sui mercati e alle loro scelte in termini di asset allocation per il futuro è emerso che la principale preoccupazione degli investitori istituzionali nel 2017 è rappresentata dalla volatilità dei mercati, riconducibile a eventi geopolitici (per il 65% degli intervistati), al risultato delle presidenziali americane (per il 38%) e ai potenziali cambiamenti delle politiche dei tassi di interesse (37%).  

“A livello mondiale, forze economiche e politiche senza precedenti saranno le principali preoccupazioni degli investitori istituzionali nel 2017”, afferma Antonio Bottillo, country head per l’Italia di Natixis Global Asset Management. “In un contesto di maggiore volatilità, la gestione attiva rappresenta per gli investitori istituzionali la soluzione per dare maggiore robustezza ai rendimenti e gestire il rischio”.

La maggiore volatilità prevista, dunque, fa propendere gli investitori istituzionali per la gestione attiva (il 73% degli intervistati sostiene che l’attuale contesto di mercato sia favorevole a questo tipo di strategia). Emerge parallelamente anche una certa apprensione (49%) per le distorsioni che una gestione passiva possa esercitare sui prezzi relativi delle azioni sul trade off rischio/rendimento. Inoltre, il 64% afferma che la gestione attiva fornisce migliori rendimenti ponderati al rischio rispetto a quella passiva e il 78% si dice disposto a pagare commissioni più alte per una potenziale sovra performance.  

Notevoli differenze si riscontrano rispetto a un anno fa, quando nel medesimo sondaggio gli investitori avevano dichiarato che nell’arco di tre anni il 43% dei propri asset sarebbe stato gestito passivamente. Oggi, gli stessi affermano che utilizzeranno tali strategie in misura ridotta nel lungo termine, prevedendo un incremento di investimenti passivi in portafoglio nei prossimi tre anni di solo un punto percentuale (dal 33% attuale al 34%).

Tra le motivazioni che spingono a utilizzare strategie passive emergono il desiderio di controllare le commissioni di gestione (88%) e la prevalenza sul mercato di falsi fondi attivi (“closet indexers”, 57%),  ovvero gestori che applicano le più elevate commissioni della gestione attiva, mettendo però in atto strategie indice che non si discostano dai benchmark di riferimento. Il 75% degli intervistati, inoltre, afferma che gli investitori retail non sono a conoscenza dei rischi delle strategie passive, riponendo così in esse un eccessivo senso di sicurezza.

Uno sguardo all’asset allocation nel 2017

Nel 2017 il 50% dei decision maker intervistati intende aumentare nei propri portafogli l’utilizzo delle strategie alternative, in un’ottica di diversificazione (il 67%) e per mitigare il rischio (31%). L’azionario emergente, le emissioni high yield e il settore dei finanziari sono gli altri grandi trend per il prossimo anno. Nello specifico, gli investitori istituzionali aumenteranno il peso degli alternativi dal 18% al 22%, quello delle azioni dal 34 al 36% mentre diminuirà la componente obbligazionaria, dal 35 al 32%. Se si guarda alle asset class, le favorite per il 2017 risultano essere le azioni dei mercati emergenti (secondo il 39% degli intervistati), il private equity (per il 32%) e le emissioni high yield (per il 53%). A ostacolare le performance, invece, per gli investitori saranno l’azionario americano (41%), i bond governativi di medio-lungo termine (67%) e, tra gli alternativi, il real estate (29%).

Rispetto ai settori, quello dei finanziari è indicato come il più performante a fronte di quello delle utilities che potrebbe deludere fortemente. Nell’ambito del private equity, invece, i settori migliori saranno media e telecomunicazioni, infrastrutture e healthcare.

L’impatto delle presidenziali americane

Dal sondaggio è emerso anche che la fiducia degli investitori istituzionali è stata messa a dura prova dopo il risultato delle elezioni statunitensi. In questo caso, Natixis ha condotto il sondaggio in due fasi, intervistando 340 investitori istituzionali prima delle elezioni dell’8 novembre e 160 subito dopo il risultato elettorale. Nella fase pre-elettorale, i due terzi degli intervistati avevano espresso fiducia nella loro capacità di gestione del rischio associato alle performance degli investimenti, percentuale scesa al 53% tra quelli che invece sono stati interpellati nella fase post-elettorale.

Gli outlook sul mercato azionario americano e su quello dei mercati emergenti sono sostanzialmente cambiati dopo le elezioni. Il 43% degli investitori interpellati prima delle elezioni affermava che i mercati emergenti sarebbero stati i best performer nel 2017, rispetto al 31% di quelli interpellati subito dopo il risultato elettorale. Invece, il 46% degli investitori intervistati prima del voto dichiarava che il mercato americano sarebbe stata la più grande delusione nell’ambito del mercato azionario globale, contro il 31% di quelli intervistati dopo il voto. La percentuale degli investitori che nell’ambito dell’asset class obbligazionaria ha indicato come peggiori i bond governativi con scadenza a lungo termine è salita dal 63% prima delle elezioni fino al 76% dopo il voto.