Fondi pensione: "affidarsi ai gestori non è sufficiente"

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L’introduzione del D.M. 166/2014 ha portato ad una semplificazione delle restrizioni quantitative imposte alla gestione dei fondi pensione, allargandone lo spettro degli investimenti possibili. Al contempo, il decreto ha sottolineato l’assoluta importanza che l’adeguatezza delle strutture organizzative professionali e tecniche deve rivestire per la realizzazione degli obiettivi della gestione ed il loro monitoraggio. Tali modifiche normative si sono inserite in un contesto di mercato caratterizzato da elevata volatilità ed investimenti obbligazionari con tassi d’interesse sempre più bassi.

Per i fondi pensione, queste dinamiche si traducono in una maggiore diversificazione dei portafogli, un’evoluzione degli approcci gestionali e nuove interpretazioni degli stessi. Per questo Generali investments, per il secondo anno consecutivo, ha supportato lo studio 'I mandati di gestione delle forme pensionistiche: obiettivi di rischio - rendimento relativo e assoluto', realizzato dal centro BAFFI CAREFIN (Centre for Applied Research on International Markets, Banking, Finance and Regulation) dell’Università Bocconi di Milano. Il settore della previdenza complementare opera in un contesto in evoluzione dal punto di vista normativo e di mercato”, ha detto Santo Borsellino, CEO di Generali Investments. “L’impegno di Generali Investments a fianco dei nostri clienti istituzionali – in primis i fondi pensione – si sviluppa anche attraverso l’offerta di strumenti di analisi del mondo pensionistico complementare attuale, e di occasioni di confronto fra i diversi attori del settore". Lo studio cerca di offrire un supporto agli operatori della previdenza per comprendere meglio il contesto attuale, stimolando il dibattito sui differenti approcci alle gestioni ed analizzare l'adeguato sistema di governance.

Come specificato nello studio da Sergio Paci, responsabile della Unit “Pensions and Insurance” del Centro BAFFI CAREFIN “ovviamente, non esiste una politica di investimento ottimale. Ogni ente previdenziale deve ricercare l’assetto delle linee di investimento più coerente con le caratteristiche socio-demografiche della popolazione di riferimento e dei suoi bisogni previdenziali, prestando al tempo stesso attenzione alla qualità della gestione e al monitoraggio delle attività dei gestori affinché siano pienamente rispettati i mandati”.

Secondo Paci affidarsi ai gestori non è sufficiente. “Non basta utilizzare la storia per fare inferenze circa la dinamica futura dei mercati, ma occorre utilizzare stime di rendimento, volatilità e correlazione di lungo periodo che, per loro natura, richiedono modelli econometrici e conoscenza dei mercati finanziari di assoluto livello: affidarsi alle indicazioni dei gestori non è purtroppo sufficiente per la presenza di un evidente conflitto di interessi”.

Con l’introduzione del decreto insomma, gli enti devono mettersi a studiare: “occorre creare un adeguato sistema di governance degli investimenti in grado di coniugare rendimenti, qualità dei processi di investimento, controllo dei rischi e vincolo di budget”, sottolinea Paci. “Questa è la prossima sfida nel settore delle forme pensionistiche previdenziali, che il nuovo assetto dei mercati, con tassi risk free negativi ed elevata volatilità dei premi per il rischio, rende ancora più urgente, spingendo anche verso una diversificazione dei portafogli in classi di investimento non tradizionali. In questa ottica, la crescita dimensionale degli operatori ed eventuali forme di sane sinergie tra di essi – pur nel rispetto dei reciproci ruoli e compiti – non può che andare a beneficio degli aderenti”.