Le nuove distorsioni del mercato: aspetti da non sottovalutare

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foto: GotCredit, Flickr, Creative Commons

L’intervento massiccio delle banche centrali, insieme ad altri fattori come il comportamento emulativo dell’investitore, hanno completamente stravolto le normali relazioni tra le asset class stabilite dalla teoria classica. Quando non eravamo in balia dei movimenti delle banche centrali bisognava prestare attenzione a quello che succedeva in economia. Quando miglioravano le previsioni di crescita le azioni, le previsioni di rendimento miglioravano e il prezzo delle obbligazioni diminuiva. Si creava, così, un rapporto negativo tra mercato azionario e obbligazionario. È vero che nell’era pre Lehman Brothers abbiamo assistito a picchi di inflazione che hanno modificato il rapporto abituale ma negli ultimi anni la situazione è cambiata completamente. In seguito al collasso del gigante bancario statunitense, l’economia americana ha introdotto tre round di quantitative easing e lo stesso ha fatto l’Europa tre anni dopo. Secondo quanto spiega Andrea Delitala, gestore di Pictet Multi Assets Global Opportunities, tutto ciò ha generato una grande distorsione. 

“Il rendimento a scadenza dei bund tedeschi e dei treasuries USA oscilla intorno al 2-3%, al di sotto di quanto dovrebbe essere. Il QE si è rivelato uno shock positivo per azioni e obbligazioni ma, a causa del distorsionamento della politica delle banche centrali, quotazioni e rendimenti non dipendono dalle aspettative di crescita dell’economia, di conseguenza anche le relazioni sono cambiate nel ritorno alla normalità. Quando la banca centrale dice che forse l’allentamento monetario sta giungendo alla fine, lo shock può essere negativo sia per le azioni che per le obbligazioni. Allo stesso modo, quando la crisi europea peggiora, incide negativamente in azioni e obbligazioni europee periferiche, vittime del cambiamento di tale rapporto”, spiega il gestore di Pictet AM. Anche questo ha avuto effetti importanti sul rendimento previsto delle diverse asset class. 

Adesso, in un portafoglio costituito per il 70% da obbligazioni e il 30% da azioni, il rendimento previsto è di circa la metà rispetto alle stime precedenti alla repressione finanziaria. Inoltre, l’investitore dovrebbe aspettarsi che tale rendimento si otterrà con una maggiore volatilità che in passato. I risultati registrati negli ultimi anni dal portafoglio misto di riferimento di J.P.Morgan AM esemplifica chiaramente questa tendenza a rendimenti più esigui. Nel 2012 il ritorno offerto da questo portafoglio è stato del 12,3%. Nel 2013 del 9,1% e nel 2014 del 5,1%. Ciò nonostante, il rendimento generato nel 2015 è stato negativo (dell’1,9%) e le perdite che sta registrando quest’anno sono altrettanto superiori (-2,4%) e in aumento. “Il tipico portafoglio di riferimento formato da asset di mercato azionario e obbligazionario ormai non è sufficiente”, dicono dalla SGR. La soluzione? “Bisogna adattarsi ai cambiamenti di rapporto mediante una prospettiva flessibile per compensare il basso rendimento previsto, prevedendo la volatilità ex ante. I livelli bassi di rapporto aiutano a ridurre la volatilità e aumentano la possibilità di ottenere il rendimento sperato. Quest’idea è ancora valida”, spiega Delitala. 

La distorsione nel beta

Anche la distorsione nella politica delle banche centrali riguarda alcune ratio normalmente usate nella gestione. Una di queste è il beta. Secondo Matthew Siddle, gestore di Fidelity, i beta stanno perdendo la loro capacità di prevedere la sensibilità dei fondamentali alle condizioni economiche, riducendosi a essere un mero riflesso della sensibilità ai movimenti quotidiani del mercato per via dei flussi motivati dall’alleggerimento quantitativo. “La situazione è simile se diamo uno sguardo ai beta settoriali. I settori sensibili all’economia e che storicamente hanno avuto sempre un beta elevato hanno registrato una caduta al di sotto di uno, mentre altri settori economicamente più stabili, come i beni di consumo e il servizio sanitario hanno visto un aumento nei loro beta. Questo vuol dire che nonostante il beta continui ad essere utile per prevedere la sensibilità del fondo ai movimenti di mercato a breve termine, serve sempre meno per prevedere il comportamento di un fondo in uno scenario economico complesso”.

Il gestore del FF European Larger Companies prova a confutare la sua teoria attraverso alcune domande. Il servizio sanitario e l’industria sono veramente due settori con lo stesso livello di rischio? In caso di recessione, Sanofi si troverebbe in una situazione di maggior rischio rispetto a Credit Suisse, stando a quanto suggerisce il livello superiore del suo beta? O forse L’Oreal è un investimento di maggior rischio rispetto a un’immobiliaria londinese come Foxtons o Nestlé rispetto a una catena alberghiera come Accor? Attualmente, a suo dire, alcuni fondi in cui hanno un gran peso i titoli medi potrebbero mostrare beta e sensibilità al mercato basse ma potrebbero avere portafogli più esposti a un rallentamento economico rispetto a Sanofi o L’Oreal. Per questo motivo, l’investitore deve stare più attento che mai. L’attuale scenario del mercato rappresenta una chiara sfida. Il mondo che conoscevamo ormai non c’è più.