La product governance nella MiFID II

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Diego David Garcia

Una delle novità che entreranno in vigore il prossimo gennaio con l’arrivo di MiFID II è senz’altro la product governance. La direttiva europea impone agli operatori (banche, SIM, ecc.) che realizzano strumenti finanziari o li offrono in vendita alla propria clientela di agire nel miglior interesse del cliente in tutte le fasi del ciclo di vita del prodotto, ivi inclusa – quindi – la fase di progettazione.

L’idea di fondo è anticipare il momento nel quale il cliente deve essere tutelato nell’ambito del processo che parte dall’ideazione del prodotto e termina con la sottoscrizione da parte del cliente. 

Netto è quindi il cambiamento di impostazione rispetto al sistema attualmente in vigore, nel quale la tutela del cliente avviene nella fase finale del processo di vendita, mediante la verifica di adeguatezza (o di appropriatezza, a seconda dei casi) prima dell’investimento.  

Le ragioni della modifica risiedono nell’eccessivo numero di casi verificatisi nell’UE di investimenti rivelatisi inadeguati (c.d. mis-selling) e la conseguente presa d’atto che l’attuale sistema di protezione può essere migliorato. 

 

Per i produttori

La MiFID II prevede una distinta disciplina per gli intermediari che realizzano i prodotti (manufacturer) e gli intermediari che li distribuiscono (distributor). In capo ai manufacturer viene previsto l’obbligo di identificare un preciso mercato di riferimento (c.d. target market teorico) ed una strategia di distribuzione coerente con il mercato di riferimento individuato. 

Dunque, sarà necessario definire nuove procedure interne e soluzioni organizzative, così da garantire che il processo decisionale per il lancio di un nuovo prodotto assicuri che lo stesso sia coerente con i bisogni e con le caratteristiche della clientela. 

Il manufacturer deve utilizzare la propria conoscenza dei mercati finanziari (e l’esperienza acquisita con simili prodotti), considerando, in particolar modo, il profilo di rischio/rendimento del prodotto. Dovrà poi riesaminare le proprie valutazioni periodicamente, al fine di valutare se (1) lo strumento finanziario rimanga nel tempo coerente con le esigenze del mercato target e (2) la prevista strategia distributiva continui ad essere appropriata. 

 

Per i distributori

Analoga incombenza viene inoltre disposta in capo ai distributor, i quali devono a loro volta stabilire un target market (c.d. target market effettivo) per i prodotti offerti/raccomandanti, tenendo conto: (i) delle informazioni ricevute dal manufacturer, anche con riferimento al potenziale mercato target, e (ii) delle informazioni sui propri clienti. 

Ciò comporta la necessità per le reti di avere una piena conoscenza dei prodotti/strumenti presenti nella gamma di offerta, così da poterli offrire a quei clienti i cui bisogni finanziari possono essere soddisfatti tramite l’investimento in quel dato prodotto/strumento. 

In pratica, il distributore dovrà ricevere un set (più) completo di informazioni, da utilizzare a supporto della fase di collocamento e consulenza, e (verosimilmente) richiedere il supporto delle case prodotto nella formazione della propria rete.

Anche i distributori dovranno rivalutare periodicamente la coerenza dei prodotti/strumenti che offrono (anche assicurandosi l’aggiornamento delle informazioni ricevute dai produttori) con i bisogni della clientela target che hanno identificato. 

 

Il mercato target 

Al fine di indentificare il mercato di destinazione, l’ESMA ha individuato 6 elementi per guidare gli operatori finanziari, ossia:

 

1.
 
la tipologia di clienti a cui il prodotto è indirizzato;

2. la conoscenza e l’esperienza dell’investitore;

3.
la sua situazione finanziaria, e in particolare la sua capacità di sopportare eventuali perdite;

4.
la tolleranza al rischio e i profili di rischio del prodotto;

5. gli obiettivi della clientela;

6. le necessità della clientela.

 

Il futuro delle reti

L’identificazione del mercato di riferimento deve essere parte del processo decisionale relativo alla selezione dei prodotti da inserire nella propria gamma di offerta. 

Pertanto, l’individuazione del mercato target dovrà avvenire all’inizio di tale processo, con la conseguenza che sarà responsabilità dell’intermediario collocatore fare in modo che vi sia coerenza tra i prodotti/strumenti offerti, i servizi resi alla clientela (es. consulenza) – da un lato – i bisogni, le caratteristiche e gli obiettivi della clientela target, dall’altro. 

Dunque, le reti dovranno porre attenzione anche alla tipologia di servizi che offrono agli investitori nel processo di collocamento, avendo riguardo alla natura dei prodotti/strumenti. Ad esempio, il distributore sarà chiamato a decidere se prodotti/strumenti complessi, eventualmente anche illiquidi, possano essere offerti a determinati clienti senza il supporto del servizio di consulenza.