La Fed è più impaziente e apre al rialzo dei tassi. Forse a giugno

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La Fed apre la strada al primo aumento dei tassi di interesse in nove anni (l’ultima volta è stato giugno 2006). Ma i tempi sono tutti da definire. “Non abbiamo deciso quando”, fanno sapere. Sta di fatto che una stretta è possibile in tutte le riunioni dopo quella di aprile. Molto probabile sarà il mese di giugno. Parole che rassicurano Wall Street perchè leggono una Fed cauta che si muoverà gradualmente. '“Il fatto che il termine paziente non ci sia piu', non significa che saremo impazienti. Non abbiamo deciso i tempi. E anche dopo il primo aumento la politica monetaria resterà accomodante”, rassicura il presidente della Fed, Janet Yellen, che nei mesi scorsi aveva precisato che il termine 'paziente' stava a significare che la Fed non avrebbe alzato i tassi per le successive due riunioni. Secondo Marco Vailati, responsabile Ricerca e Investimenti di Cassa Lombarda, “la Fed ha iniziato formalmente il processo di normalizzazione della politica monetaria rimuovendo di fatto le forward guidance introdotte sei anni fa con l’indicazione inizialmente di tassi bassi per un lungo periodo e in ultimo di un atteggiamento paziente nel percorso di rialzi tassi, che aveva anche formalmente chiarito significasse almeno due meeting. Come era previsto dai più, l’aggettivo paziente è stato rimosso”.

Continua: “teoricamente ciò rende possibile che il primo rialzo sia a giugno, restando improbabile aprile come la stessa Fed ha voluto ricordare. Tuttavia la Fed ha voluto anche enfatizzare come non ci sia nulla di predeterminato e sia ora tornata data driven‎: alzerà i tassi quando ci sarà un ulteriore miglioramento del mercato del lavoro e un ritorno del trend dell'inflazione verso il 2%. Oltre a sottolineare l'impostazione pragmatica, la Fed nell’aggiornamento trimestrale delle previsioni macro e di tassi, ha fornito un quadro distensivo ottenendo un mix perfetto di accompagnamento non traumatico dei mercati verso la normalizzazione della politica monetaria”. E gli impatti sul mercato di questo spostamento delle attese? “Saranno di rettificare i recenti strappi, con temporanei pull back (a vantaggio soprattutto dell’euro, ma con benefici anche per treasury, equity us, commodity e yen, a scapito soprattutto di dollari), ma successivamente i trend torneranno in essere in quanto per fine anno la Fed rialzerà i tassi a differenza delle altre banche centrali (Bce e BoJ) che proseguiranno con il QE”.

L’apertura a un aumento arriva mentre la Fed rivede al ribasso le stime di crescita degli Stati Uniti per il 2015 e 2016, e afferma che l’inflazione resterà nel breve termine sotto l’obiettivo del 2%, verso il quale si muoverà lentamente. Il Pil dovrebbe crescere quest’anno del 2,3-2,7%, meno del 2,6-3,0% stimato in dicembre. Per il 2016 è prevista una crescita del 2,3-2,7% (2,5-3,0% in dicembre) e per il 2017 del 2,0-2,4% (2,3-2,5% in dicembre). A pesare sui prezzi sono il petrolio in calo, che però aumenta il potere di acquisto delle famiglie, e il rafforzamento del dollaro che, però, riflette anche un’economia americana forte. L’inflazione e il mercato del lavoro sono i due parametri che la Fed tiene sotto osservazione per le proprie decisioni di politica monetaria ma nessuno dei prevale. La banca centrale americana non aumenta i tassi dal giugno 2006 e il costo del denaro è ai livelli attuali, fra lo zero e lo 0,25%, dal 16 dicembre 2008, accompagnati da tre round di quantitative easing.