L'Abenomics funziona, ma con prudenza

Chi ha investito nel mercato giapponese nell’ultimo triennio ha più di un motivo per essere soddisfatto;  dopo il +51,5% del 2013 e il +8% del 2014 anche nel 2015 il Topix si è dimostrato, sino ad ora, uno dei migliori mercati azionari globali, salendo di oltre il 12% in valuta locale;  quest’anno poi, a differenza degli anni passati, anche lo yen ha dato il suo contributo, cumulando la performance del Topix a un più che rispettabile +19,8% Ytd in euro (al 7 maggio 2015). Con l’indice Nikkei tornato vicino ai valori del 2000 le domande che molti si pongono è se questo rally sia sostenibile anche nel futuro, se sia il frutto di un miglioramento dei  fondamentali o se sia in tutto o in parte dovuto a ragioni di liquidità e/o di una espansione dei multipli. Per rispondere a questa domanda è utile guardare ai seguenti grafici che mettono a confronto proprio queste variabili, cioè gli utili trailing a 12 mesi e l’andamento del Topix in un caso , e il P/B e il Roe nell’altro.

Il dato che emerge è che, a differenza di altri mercati azionari globali, nel caso del Giappone sono stati gli utili a trainare al rialzo i prezzi e non un mera espansione dei multipli. Il Topix  attualmente trada a 1,38x il book value con un ROE del 8,5%, contro valori di inizio 2007 di circa 1,9x il book ed un livello equivalente di Roe. Una delle principali ragioni di questa esplosione degli utili è naturalmente da ricercare nella svalutazione dello yen che ha dato un importante spinta alla profittabilità delle aziende esportatrici nipponiche, in particolar modo di quelle del settore industriale. Ma lo yen non è la sola causa del miglioramento della profittabilità; quello a cui stiamo assistendo negli ultimi mesi è un notevole cambiamento rispetto al passato, grazie anche al nuovo codice di corporate governance che entrerà in vigore a giugno. Il modo di amministrare il 'corporate Japan' sembra sia cambiato con l’efficienza, la redditività aziendale e l’impiego delle risorse in modo produttivo, finalmente al centro della gestione aziendale.

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In sintesi, quindi, è vero che la liquidità immessa nel mercato da parte della BoJ e la maggiore allocazione verso investimenti azionari da parte dei fondi pensione giapponesi hanno contribuito a  sostenere i corsi azionari, ma non va sottovalutato il sostanziale incremento di profitabilità e il mutamento di vision del management  delle aziende nipponiche. A nostro avviso, quindi, il mercato giapponese offre ancora delle buone  prospettive di apprezzamento nel breve-medio termine. 

L'economia globale

Naturalmente molto dipenderà dal generale andamento dell’economia globale, dai movimenti valutari e dalle decisione che saranno prese nei prossimi mesi dal premier Abe e dal governatore della BoJ Kuroda.  Sui primi punti è abbastanza evidente che un eventuale rallentamento della crescita globale penalizzerebbe le aziende nipponiche, che proprio della diversificazione geografica  hanno fatto un cavallo di battaglia non solamente in termini di fatturato ma anche di decentramento degli impianti produttivi. Visto il focus sulla domanda estera un eventuale apprezzamento dello yen rappresenta uno dei rischi di cui bisogna essere consapevoli. Sul fronte interno, pur rimanendo conviti che l’Abenomics stia agendo sulle giuste leve, rimaniamo ancora scettici su un  punto importante e cioè l’incremento dei salari. Ad oggi non si è ancora materializzata una crescita sostenuta dei salari ed anzi, se si considerano gli stessi in termini reali, abbiamo assistito ad una costante contrazione degli stessi. Se da un lato infatti il deprezzamento dello yen ha portato beneficio il lato corporate dall’altro ha materialmente ridotto il potere d’acquisto dei consumatori principalmente attraverso l’inflazione indotta da importazioni più care soprattutto dei prodotti energetici. Recentemente poi alcuni commentatori hanno evidenziato come il recente successo delle negoziazioni del salario base tra le grandi compagnie (+2,33% di incremento della base salariale) possa essere del tutto controbilanciato dall’innalzamento dei contributi previdenziali e dal tetto all’incremento delle pensioni. Rimane poi ancora irrisolta la questione dei salari dei lavoratori delle piccole e medie imprese, che impiegano la stragrande maggioranza dei lavoratori giapponesi e che non sono soggetti alle contrattazioni  delle “sorelle” più grandi.

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I risultati raggiunti dalla banca del Giappone in relazione ai target di inflazione previsto al 2% sono poi tutt’altro che positivi. Dopo due anni di Qe infatti, l’inflazione core in Giappone, una volta depurata dagli effetti dell’incremento dell’IVA di un anno fa, è ancora pericolosamente vicina allo 0%. Pur ritenendo che la Banca Centrale Giapponese stia facendo un ottimo lavoro nello stabilizzare i mercati, pensiamo che insistere in ulteriori manovre, senza riforme strutturali ed un ripresa del consumo domestico, risulti più dannoso che utile.

Fondi di equity giapponese in vendita in Italia con Morningstar analyst rating
Fonte: Morningstar Direct. Dati a fine maggio 2015. Rendimenti annualizzati in euro.

Fondo Società Morningstar Rating Overall Morningstar Analyst Rating Ritorno totale a  1 anno ritorno totale Annualizzato a 3 anni
Aberdeen Global Japanese Eq I2 Aberdeen ★★★★ Neutral 42,86 19,49
CF Morant Wright Japan A Acc Morant Wright ★★★ Silver 48,2 21,53
Eurizon EasyFund Eq Japan LTE IH Eurizon Capital - Negative 39,76 29,5
Fidelity Japan E-Acc-EUR Fidelity ★★ Neutral 41,81 17,08
GLG Japan CoreAlpha Equity I JPY GLG Partners ★★★ Gold 48,56 26,41
Henderson Horizon Japan Opps I2 USD Henderson ★★★★★ Neutral 54,4 22,8
Invesco Japanese Eq. Advtg E EUR Acc Invesco ★★★ Bronze 40,56 20,34
Invesco Japanese Equity Core E Invesco Bronze 44,17 23,43
JOHCM Japan B GBP J O Hambro ★★ Bronze 35,74 19,43
Parvest Equity Japan Small Cap I BNP Paribas ★★★★ Bronze 40,28 22,17
SSgA Japan Index Equity Fund I JPY State Street ★★★ Bronze 44,87 20,99

 

Per queste ragioni in questo momento il nostro portafoglio è più focalizzato sui settori industriali, finanziari ed I.T. con una esposizione ai titoli legati al consumo interno contenuta. Il tentativo di reinflazionare il aese infatti non può essere esclusivamente affidato alla politica monetaria e di riflesso al deprezzamento della valuta ma necessità, affinchè sia sostenibile e non generi danni al tessuto produttivo, di una inflazione 'sana' da consumi che solo un aumento significativo della domanda può fornire.