Il meglio dei fondi italiani obbligazionari flessibili euro a tre anni

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Flickr, Creative commons, John Picken Photography

In termini di performance, in vetta si trova il Gestielle Obbligazionario Corporate A che a tre anni ha messo a segno un 9,42%. Commenta il gestore, Niccolò Bocchin, che "l’impostazione del fondo è orientata a minimizzare l’esposizione dei ritorni a potenziali rialzi dei rendimenti sui governativi di riferimento, che a nostro avviso si manifesteranno in concomitanza col progressivo miglioramento del quadro economico e politico europeo.

In un contesto quale l’attuale, in cui gran parte del rendimento di un titolo corporate è rappresentato dallo spread di credito, si ritiene indispensabile isolare la volatilità della componente governativa, visto che un suo probabile rialzo comporterebbe una spiacevole erosione dei ritorni. Questo concetto vale soprattutto per i titoli investment grade, che, nonostante spread tuttora interessanti, hanno una sensitività elevata ai movimenti dei tassi sottostanti”.

In termini di performance, seguono il Consultivest High Yield A2 e Consultinvest Valore A2 che hanno incassato a tre anni, rispettivamente un 7,74 e un 6,09%. Poi c’è l’Arca Cedola Bond Paesi Emergenti (5,81% a tre anni) che punta su obbligazioni di emittenti sovrani degli emergenti, anche con merito di credito inferiore all’investment grade, denominate in euro, in dollari e sterline con copertura di rischio di cambio. Oggi i primi titoli in portafoglio sono: Magyar Fejl. Bk, Romania, Ukraine, Turchia, Islanda. A tre anni c’è un +3,92% per l’Anima Rendimento Assoluto Obbligazionario A.

Il gruppo ha sempre rivolto attenzione ai fondamentali delle società sia in ottica assoluta, attraverso lo studio dei bilanci, saìia in ottica relativa, mediante l’analisi del posizionamento settoriale. Spiega Luca Felli, responsabile investimenti obbligazionari e valute di Anima: “questo approccio accompagna il fondo in qualsiasi fase del ciclo economico e rimane il criterio di selezione privilegiato. Tuttavia negli ultimi tre anni eventi eccezionali hanno caratterizzato i mercati corporate, eventi che talvolta hanno richiesto un approccio più generalizzato”. Un esempio? “Abbiamo creduto da subito nell’efficacia delle politiche monetarie “alternative” delle banche centrali e in particolare in quella della Bce. In quella fase abbiamo privilegiato il settore finanziario e le emissioni che al momento presentavano enormi sottovalutazioni. Inoltre in questa continua riduzione del premio per il rischio abbiamo potuto ottimizzare alcune scelte partecipando direttamente alla sottoscrizione sul mercato primario di nuove emissioni”.

E come si posizionerà il fondo nei prossimi mesi? “Dopo la lunga fase di contrazione degli spread che ci ha visto sovrappesare i temi relativi agli emittenti finanziari con un’attenzione particolare per gli emittenti periferici, guardiamo con maggiore interesse al processo di consolidamento in atto in settori maturi come utility e telefonici dell’intera zona euro, così come alle nuove emissioni cosiddette ibride. È chiaro che con le minori pressioni dai mercati sulla periferia (il btp è ai minimi di spread attualmente) ormai l’allocazione geografica torna ad avere un ruolo più formale che sostanziale. Può essere utilizzata a nostro parere per le differenti prospettive di crescita che i paesi dell’area euro – purtroppo - hanno, ma non ci pare un tema dominante. A questi livelli di rendimenti, è necessario saper attendere le singole opportunità per investire”.

E sull’ipotesi di un rialzo dei tassi commenta: “In Europa è molto lontano mentre nei paesi anglosassoni è in discussione. In America potrebbe avvenire prima di quando i mercati si aspettino, specie guardando come la dinamica salariale inizi a rispondere al costante calo della disoccupazione”.