I mercati dei cambi saranno guidati dai futuri rialzi dei tassi USA

Emilio_Quintana
foto: autor Emilio Quintana, Flickr, creative commons

Mentre la Fed ha alzato i tassi dallo 0 allo 0,25% (il primo dal 2006) la BCE, pur avendo deluso gli investitori per non avere aumentato il volume mensile di acquisti, ha ulteriormente allargato i cordoni della borsa estendendo la durata del piano di acquisti di titoli di Stato da settembre 2016 a marzo 2017. Come si sono comportati i mercati obbligazionari? La loro reazione all’intervento restrittivo della Fed ha sottolineato la loro riluttanza all’idea che si sia all’inizio di una fase di rialzi sostenuti dei tassi. Sta di fatto che, da ora in poi, i mercati si muoveranno sulla base delle attese sulla politica monetaria per il 2016. Ed e’ la Fed a dettare il ritmo. In base alle previsioni dei membri del FOMC, infatti, i tassi sui Fed Fund arriveranno all’1,4% a fine 2016 mentre i future sui Fed Fund vivranno due soli rialzi nel 2016. La Fed, in altre parole, si sta rivelando cauta e si dice neutrale, pur essendoci in America dei dati positivi sul fronte del mercato del lavoro e un’inflazione attesa in rialzo sui prossimi mesi.

Ora a contare sono solo i dati economici. Solamente un rialzo dell’inflazione corposo, per esempio, potrebbe portare a un aumento dei tassi ma sarà difficile, visto il continuo calo del prezzo del petrolio. I dati cui guardare con più attenzione nei prossimi mesi saranno quelli sulla fiducia delle imprese. La stima sulla crescita del PIL nel 2016 piu’ accreditata è del 2,5%: in uno scenario simile i rendimenti a lungo termine potrebbero tornare verso il 2%. A spingere i rendimenti potrebbero essere solo dati superiori alle attese. C’è da dire però che un rialzo sopra il 2,5% si fa molto poco probabile. Ma, al di là dei bond americani, il rialzo avrà un impatto anche sugli altri titoli di Stato. Nell’Eurozona i rendimenti dei bond dovrebbero mantenersi molto bassi per buona parte del 2016. Bruxelles potrebbe poi intensificare gli interventi se le stime per il 2016 di inflazione all’1% e del PIL all’1,7% fossero messe a rischio. Sul fronte del debito dei Paesi emergenti, data la grande quantità di bond in dollari emessi in questi Paesi. Un rialzo dei rendimenti USA spingerebbe ancora i tassi in questi Paesi, rallentandone la crescita e mettendone a rischio la stabilità finanziaria.

Il contesto, quindi, è di grande volatilità e incertezza, a fronte di rendimenti molto risicati. Come muoversi allora? “A sole due settimane dalla chiusura d’anno, i mercati appaiono privi di una particolare direzionalità. Le borse hanno assorbito facilmente il primo rialzo della Fed, ma i ridotti volumi potrebbero contribuire ad esacerbare i movimenti di rialzo e ribasso”, spiega Alberto Biolzi, responsabile advisory di Cassa Lombarda. Continua: “l’esito delle elezioni spagnole si potrebbe riflettere nella sotto performance del listino iberico e in un allargamento degli spread governativi, senza peraltro rischi di contagio. I mercati dei cambi saranno guidati dai futuri rialzi dei tassi USA. L’attuale divergenza tra i “dots” Fed e le attese di mercato, è sintomo di una elevata probabilità di volatilità in futuro. I temi che continueranno a dominare la scena saranno lo stress sul segmento del credito (vedi high yield), la forza del dollaro, il rallentamento della Cina e la debolezza dei prezzi delle materie prime”. Il calendario macro, prevede negli USA la terza lettura del PIL del terzo trimestre, le vendite di case nuove ed esistenti. In Europa, i dati di PIL di Francia e Regno Unito, oltre agli ordini di fabbrica e alle vendite al dettaglio in Italia.