Gestori, più fiducia su Wall Street e Tokyo

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foto: autor Gilberto Taccari, Flickr, creative commons

A novembre, il sentiment dei gestori migliora per gli Stati Uniti e il Giappone, mentre rimane ai minimi dall’inizio dell’anno in Europa. E’ quanto emerge dall’ultimo sondaggio mensile condotto da Morningstar tra le principali case di investimento che operano in Italia a cui hanno partecipato una ventina fra asset manager e strategist. Nel complesso, il Morningstar Italy Investment Sentiment index (MIISI), costruito sulla base delle probabilità attribuite a diversi scenari (mercati in salita, stabili o in discesa) su un orizzonte di sei mesi, indica uno scenario leggermente più ottimista sulle azioni e in linea con ottobre per i prezzi dei titoli governativi e il cambio euro/dollaro.

A preoccupare in Europa è la crescita. Infatti a novembre, l’indice di sentiment sulle Borse europee si attesta a 58,3 punti, contro i 56,23 di ottobre (dove 100 rappresenta la massima certezza di rialzo e 0 di ribasso). Negli ultimi mesi, i mercati azionari dell’area euro sono scesi a causa delle preoccupazioni sulle prospettive di crescita economica. La fase di incertezza è destinata a durare, dicono i gestori, ancora per un po’, anche perché gli effetti dell’indebolimento della divisa comunitaria non si vedranno prima del 2015. Non mancano, tuttavia, le voci fuori dal coro che definiscono eccessivamente pessimiste le previsioni per il Vecchio continente e mettono in luce i miglioramenti sul fronte delle condizioni di liquidità e la fine della contrazione dei prestiti bancari.
 
Rimane stabile intorno ai 57 punti l’indice di sentiment sull’Italia. Negli ultimi sei mesi, il Ftse Mib ha perso quasi il 7% (al 31 ottobre), smentendo le aspettative dei gestori che a maggio avevano indicato un trend positivo per Piazza Affari nei successivi sei mesi. Come ha affermato il Premio Nobel, Michael Spence, alla Morningstar Investment conference che si è tenuta a Milano lo scorso 11 novembre, i quattro ingredienti che servono al Belpaese per uscire dalla crisi sono la crescita, la concorrenza, la fiducia e la meritocrazia.
 
Gli Stati Uniti rappresentano la principale novità del sondaggio di novembre. L’indice MIISI sale a 60,14 punti dai 57,5 di ottobre, muovendosi verso uno scenario più ottimista. Gli Usa sono in una situazione economica migliore rispetto all’Europa e la fiducia dei consumatori ha raggiunto livelli che non si vedevano dal 2007. Questo, insieme al calo dei prezzi dell’energia, fa ben sperare per le spese del periodo natalizio. Altri fattori positivi sono i bassi tassi di interesse, il calo della disoccupazione e il buon andamento degli utili societari.

E’ in deciso miglioramento a novembre il sentiment sulla Borsa di Tokyo, con il MIISI che sale a 66,8 punti dai 60,62 di ottobre. I gestori hanno accolto con favore l’intervento della Banca del Giappone per ampliare le misure di stimolo all’economia per il prossimo anno, dato che difficilmente l’inflazione raggiungerà l’obiettivo ufficiale del 2% nel 2014. L’approccio è positivo anche in vista della prossima stagione degli utili, che dovrebbe favorire l’apprezzamento delle azioni nipponiche.

A novembre, i gestori confermano lo scenario moderatamente positivo per i mercati emergenti. L’indice MIISI rimane intorno a quota 57 punti come ad ottobre, ma il dato di sintesi nasconde una disparità tra i diversi paesi. Da un lato, in Cina si vedono segnali di miglioramento; dall’altro il Brasile sta attraversando una fase di debolezza e ha deluso gli investitori con la riconferma di Dilma Rousseff alla presidenza. In termini di valutazioni, secondo Exane Derivatives, “eccetto un cambiamento nello scenario di crescita globale, si è creato un punto di ingresso interessante sui mercati azionari emergenti, che vantano valutazioni attraenti, in termini assoluti e relativi”.

I gestori ragionano sul momento in cui la Federal Reserve americana alzerà i tassi di interesse, dopo avere digerito gli ultimi dati congiunturali. L’aumento della divergenza tra la politica monetaria della Banca centrale USA e quella della BCE dovrebbe portare a un incremento del differenziale tra i rendimenti dei Treasury e dei titoli di stato tedeschi, soprattutto nelle scadenze brevi, mentre quelle lunghe potrebbero essere tenute artificialmente basse dalla domanda degli investitori istituzionali internazionali e dalla diminuzione delle emissioni. Questo si riflette sugli indici MIISI che indicano uno scenario meno negativo per le quotazioni del Bund tedesco a dieci anni rispetto al pari-scadenza statunitense, mentre nei mesi scorsi i valori erano sostanzialmente allineati. E’ migliorato leggermente rispetto a ottobre anche il sentiment sul BTp italiano, in corrispondenza di una riduzione dello spread (differenziale) rispetto al governativo tedesco.
 
Euro ancora giù
L’indice MIISI sul rapporto di cambio tra euro e dollaro rimane invariato attorno ai 32 punti, come nel mese precedente. Come si legge in una nota di BNY Mellon IM, “Le politiche monetarie divergenti e il differente stato di salute delle economie statunitensi ed europee favoriranno uno scenario rialzista per il dollaro nei mesi a venire. L'indebolimento dell'euro risponde a una strategia precisa per favorire la ripresa delle economie europee e, soprattutto, di quelle basate su esportazioni ad alto valore aggiunto”.
 
Hanno partecipato al sondaggio, condotto tra il 3 e il 10 novembre ottobre, 19 gestori e strategist delle principali case di gestione e intermediazione operanti sul territorio. I partecipanti appartengono alle seguenti società: Albemarle AM, Alessia Sicav, Aletti Gestielle Sgr, BNY Mellon IM, CFO Sim, Consultinvest Sgr, Ersel AM, Eurizon Capital, Exane Derivatives, FIA AM, Investitori Sgr, La Française, Lemanik AM, M&G Investments, MoneyFarm Sim, Petercam IAM, Sella Gestioni, Syz AM, Union Bancaire Privée.