Europa: via libera ai LVNAV, fondi monetari a bassa volatilità

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Maltesen, Flickr Creative Commons

Sono passati già tre anni da quando la Commissione Europea ha pubblicato il suo progetto di regolamento sui fondi comuni monetari. Tre anni di battaglie tra i sostenitori dei prodotti NAV che offrono un valore patrimoniale netto constante (CNAV) e quelli dei prodotti con valore patrimoniale netto variabile (VNAV) che, finalmente, sembrano essersi conclusi con un win-win, stando alle parole della relatrice del testo, Neena Gill. L’accordo (solo politico) raggiunto tra Parlamento e Consiglio questa settimana rappresenta la spinta finale alla creazione dei fondi con valore patrimoniale netto a bassa volatilità (LVNAV), già proposta nel 2015 dallo stesso Parlamento.

Secondo i comunicati stampa diffusi da entrambe le istituzioni, si sta ancora discutendo “una serie di questioni tecniche” superate le quali il progetto di regolamento verrà presentato al Comitato dei rappresentanti permanenti per la sua approvazione. Si prevede che il Consiglio e il Parlamento adottino il regolamento in sede di prima lettura e che il testo sia pronto prima della fine dell’anno.

Nella prima proposta per introdurre i nuovi fondi LVNAV era stata stabilita una clausula di estinzione secondo la quale dopo cinque anni dall’entrata in vigore, i fondi in questione sarebbero scomparsi. Alla fine, il Parlamento ha deciso di eliminarla ma allo stesso tempo ha irrigidito l’uso che potranno fare del metodo del costo ammortizzato nella valutazione delle attività. Brevemente, i nuovi fondi monetari a bassa volatilità sono caratterizzati da una fascia di oscillazione rigorosa del portafoglio: il NAV constante non può deviare più di 20 punti base rispetto a quello reale, un livello di gran lunga più rigido rispetto ai 50 punti base di cui dispongono i CNAV. Allo stesso tempo, disporranno di un portafoglio diversificato con requisiti di concentrazione rigidi per ridurre il rischio.

Il mercato dei fondi monetari in Europa (secondo i dati di Europe Economics) si divide praticamente tra Francia, Lussemburgo e Irlanda. Con la particolarità che i CNAV non possono essere domiciliati in Francia e di conseguenza sono l’Irlanda e il Lussemburgo ad accaparrarsi la totalità di questi fondi, i cui investitori – principalmente domiciliati nel Regno Unito – sono fondamentalmente istituzionali, piani pensioni, compagnie assicurative…Il valore degli asset in gestione, divisi quasi al 50% tra entrambi i fondi, supera i mille miliardi di euro.

Concessioni ai fondi CNAV

Una delle principali conseguenze del primo testo proposto dalla Commissione era che la maggior parte dei fondi investiti in monetari CNAV si sarebbe spostata, nella migliore delle ipotesi, verso i monetari di tipo VNAV. Di base, ai fondi CNAV si imponeva una riserva NAV del 3% per far fronte alle domande massive di rimborso, un dato che l’industria ha considerato antieconomico. Per dirlo in cifre, circa 530 miliardi di euro sarebbero in cerca di una nuova destinazione.

A giugno di quest’anno il Parlamento ha eliminato quest’ostacolo anche se, allo stesso tempo, ha lasciato in sostanza riservato il modello CNAV per fondi investiti in debito sovrano europeo e ha proposto il nuovo tipo di monetario LVNAV. Logicamente, l’industria francese vede questo nuovo modello come una variante dei fondi CNAV in quanto gli asset non sono molto volatili. Allo stesso tempo, questa nuova categoria di monetario potrà utilizzare commissioni di sottoscrizione e di rimborso. Tuttavia, secondo il comunicato stampa del Parlamento di questa settimana che annunciava il suo accordo con il Consiglio, i monetari VLNAV avranno uno “stretto regime” per i “fees and gates” in caso di mancanza di liquidità.

Mentre in Europa ancora non si è concluso il dibattito – forse in attesa di vedere cosa succederà dall’altra parte dell’Atlantico – la riforma dei monetari è entrata in vigore lo scorso ottobre negli USA. Al momento, e in virtù della soppressione CNAV, si è verificato un importante movimento dai fondi di tipo prime a quelli govies mentre il Libor ha raggiunto il suo livello più alto dal 2009.