Euro vs dollaro? Ecco cosa succede sui mercati

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foto: autor killerturnip, Flickr, creative commons

Super dollaro. O meglio mini euro. Dall’inizio del 2015 la moneta unica ha perso più del 10% nei confronti della biglietto verde. In un anno la caduta si attesta quasi al 30%. Nelle ultime settimane, specie in seguito al Quantitative easing della BCE, diversi analisti non solo stimano che presto un euro varrà un dollaro, ma che si scenda, addirittura, ben sotto la parità: Goldman Sachs pronostica un cambio di 0,80, mentre per Deutsche Bank si arriverà a 0,85. I mercati si agitano e un flusso di denaro sull’azionario si sta già spostando dagli Stati Uniti all’Europa, compensato da uno praticamente inverso sul comparto obbligazionario.

“L’impatto dell’avvio del QE della BCE è stato forte ed è alla base di questi movimenti” spiega Fabrizio Fiorini, direttore Investimenti Diretti di Aletti Gestielle SGR. “Sono movimenti peraltro giustificati dalla importanza e rilevanza prospettica dell’avvenimento stesso: il QE cambia le prospettive per la crescita europea (capitali verso il nostro azionario) e genera tanta liquidità da finire per defluire anche su altri mercati con rendimenti superiori (obbligazionario americano). Penso tuttavia che nel corso dei prossimi tre mesi questo flusso, quantomeno quello determinato da queste ragioni, potrebbe notevolmente rallentare. Potrebbe invece emergere un nuovo flusso in entrata verso l’azionario europeo sotto la spinta del miglioramento degli utili, soprattutto nel secondo semestre”.

Parliamo di mini euro e super dollaro. Quali sono gli effetti?

Il primo ovvio effetto che viene alla mente è il potenziale impatto che questo livello di cambio ha a favore delle esportazioni europee. Tuttavia, seppur l’obiettivo di Draghi fosse principalmente sin da subito il deprezzamento del cambio – con interventi prima verbali e poi monetari – questo è da intendersi più come mezzo che non come fine: la paura dell’innescarsi di timori deflativi ha spinto ad usare il cambio debole in quanto lo strumento più efficace per produrre impatti veloci sull’inflazione importata nonché sulla percezione di inflazione di breve termine. L’effetto complementare, ulteriore, visto il grande deprezzamento avutosi, è stato poi quello di innescare aspettative di miglioramento export e profitti.

E le conseguenze?

Quelli che sono effetti per noi europei, rischiano di essere conseguenze per gli americani. Il loro export può subire qualche rallentamento, anche perché si tratta di dollaro forte contro tutte le divise (anche se l’euro, con la sua debolezza intrinseca ed indotta ha fatto la sua parte nel senso di eccesso di debolezza), e questo condizionare nel breve gli utili americani nonché ritardare le opportune scelte di Politica monetaria della Fed.

La svalutazione dell'euro potrebbe rischiare di essere un problema?

Non penso la svalutazione dell’euro possa rischiare di essere un problema, né per gli europei né per gli altri paesi. Ovvio che il discorso si farebbe diverso se dovesse esserci una prosecuzione in accelerazione. Tuttavia il giudizio circa i rischi andrebbe fatto sulle eventuali ragioni alla base di una eventuale, ulteriore svalutazione.

Secondo Deutsche Bank molti capitali finiscono verso obbligazioni in dollari in previsione di un rialzo dei tassi negli USA. Ma dall'annuncio fatto dalla Fed pare di capire che passerà ancora un po' di tempo. Cosa succederà al dollaro?

La Fed sta tardando, forse sarebbe meglio dire tentennando. È una Fed impaurita che rischia di essere sorpresa dagli eventi (crescita migliore e inflazione che seppur bassa, esiste) ma forse vuole esserlo; teme molto, forse troppo, i rischi di una azione anticipata. Il dollaro sta facendo quello che dovrebbe fare in presenza di una Fed non intimorita, ne fa il lavoro. La mia impressione è però che la corsa del dollaro sia arrivata alla fine, quantomeno contro euro (c’è spazio contro divise emergenti); il differenziale dei tassi avrà sempre meno importanza via via l’Europa dimostrerà di essere in grado di crescere.

Sul mercato europeo: quali saranno i possibili movimenti e le prospettive future, anche in vista delle situazioni di tensione sia politica che economica che ancora si registrano, ad esempio in Ucraina e in Grecia? 

Salvo allargamento del conflitto, l’Ucraina non dovrebbe essere un problema (se non per i due Paesi interessati); anche la Grecia non la vedo come un rischio grave: la barriera protettiva del QE ed il tempo che è passato ed è stato utilizzato bene dai Paesi periferici per mettere sulla giusta strada i conti pubblici sono fattori che riducono molto il potenziale rischio di una uscita della Grecia. Poi penso che, dovesse accadere, questa volta si configurerebbe più come una cacciata che non una uscita e pertanto il giudizio dei mercati sarebbe molto diverso da quello esprimibile qualche anno fa.