Educazione finanziaria: dalla peer education alla gamification, dalle pubbliche relazioni ai social media

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Rabio Rava, Flickr, creative commons

Le relazioni pubbliche possono promuovere la tax compliance? E la ricerca scientifica può favorire la financial education? Quali spazi esistono per i nuovi comunicatori nei settori dell’educazione e della comunicazione finanziaria? Sono le provocazioni con cui Giampietro Vecchiato, socio Ferpi e docente di Strategie di comunicazione, introduce quello che è uno dei primi testi italiani dedicati al rapporto tra comunicazione ed educazione finanziaria. Il libro, intitolato #Edufin: l’educazione finanziaria come strumento di Relazioni Pubbliche (Milano, Unicopli 2016), è curato da Emanuela E. Rinaldi, ricercatrice in Sociologia dei processi culturali e comunicativi presso l’Università degli Studi di Udine. Rinaldi spiega come l’alfabetizzazione finanziaria abbia raggiunto una fase di sviluppo così avanzata, a livello internazionale, da richiedere il disegno di ricerche metodologicamente fondate, sia sotto il profilo del monitoraggio sia per valutare l’impatto concreto dei programmi educativi. “La valutazione”, evidenzia Rinaldi, “resta un passaggio tanto rilevante quanto spesso trascurato nei progetti di educazione finanziaria, che dovrebbero sempre rispondere a tre domande: perché lo facciamo? Cosa pensiamo di ottenere? Con quali strumenti?”.

Seguono le diverse chiavi di lettura fornite da professionisti delle relazioni pubbliche e studiosi, a partire dagli interventi di altri due soci Ferpi, Giovanni Landolfi e Pierluigi De Rosa. Landolfi, che è uno specialista della comunicazione finanziaria, parte dalla diseducazione finanziaria: quella che nasce dai riferimenti al denaro, alle borse, alle pensioni, infilati spesso strumentalmente all’interno di appelli politici, messaggi pubblicitari, videogiochi. Quindi affronta la comunicazione dell’industria del risparmio e i falsi miti dell’educazione finanziaria, che spesso impediscono a chi affronta questo tema di aprirsi a metodologie e strumenti fuori dagli schemi: dalla peer education alla gamification e ai social media. Pierluigi De Rosa, funzionario pubblico ed esperto di comunicazione istituzionale, traccia invece un possibile modello di applicazione delle RP nel settore pubblico. “Nello specifico ambito fiscale”, afferma De Rosa, “il relatore pubblico può incidere soprattutto sui fattori socio-culturali alla base del comportamento fiscale, provando a costruire un nuovo brand dell’adempimento fiscale: non più solo un “costo” o peggio ancora un “dazio”, ma un mezzo per finanziare le spese pubbliche”. Come farlo concretamente? L’autore suggerisce tre passaggi: rimodulare la comunicazione istituzionale, non più limitata agli addetti ai lavori ma rivolta a un pubblico di massa; personalizzare le relazioni e creare un contatto costante con l’utente; infine, promuovere occasioni di interazione face to face anche al di fuori degli spazi istituzionali, per disinnescare gli stereotipi dominanti nei social media.

Il contributo di Giovanna Boggio Robutti, head Financial Education Programs alla Fondazione per l’Educazione finanziaria-Feduf, e Roberta Falzari, laureata in Relazioni Pubbliche, muovono dalla constatazione di una generale mancanza di interesse per i temi economico-finanziari. Il compito del “bravo comunicatoreè di abbattere l’indifferenza e far arrivare contenuti complessi a un pubblico estremamente eterogeneo. Come? Per il pubblico più giovane, una strada percorribile è quella della scuola. Più difficile ingaggiare la popolazione adulta, per la quale diventano determinanti il giusto mix comunicativo (luogo, orario, tema, ecc.) e le reti di alleanze sul territorio.

Roberto Fini, economista e docente presso l’Università degli Studi di Verona, analizza la crisi fiduciaria dal punto di vista degli economisti, rei di non aver previsto il default del 2009. La maggior parte degli studiosi, spiega Fini, è rimasta fedele alla teoria della great moderation di R. Lucas: bassa inflazione, crescita moderata ma stabile, recessioni modeste e di breve durata. Con una convinzione tale da trascurare i segnali che pure arrivavano dall’economia reale, preoccupandosi di dimostrare la teoria dominante e non vedendo il “gorilla” che si aggirava nell’economia mondiale e che da lì a poco si sarebbe manifestato in forma critica. Chiude il volume Viviana Lanzetti, relazioni esterne e ufficio stampa di UBI Banca, che propone una riflessione sul ruolo della Corporate Social Responsability e sulla necessaria integrazione tra questa leva e le attività di comunicazione messe in atto dagli istituti bancari. Per farlo, Lanzetti racconta i programmi di educazione finanziaria avviati sul territorio da una delle banche del gruppo, la Banca Regionale Europea.

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