È il private debt una vera alternativa all’equity. Almeno per gli investitori istituzionali

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foto: autor MINGHE*Luciano, Flickr, creative commons

Rishio deflazione con il petrolio a 70 dollari, con la conseguenza che i tassi di interesse sui titoli obbligazionari avrebbero una ragione di più per mantenersi bassi. Ma potrebbe anche essere una buona notizia per privati e aziende, una ragione di più per sperare in una ripresa dell'economia e quindi un sostegno alle Borse. In questa delicata fase, è sempre più urgente che la BCE decida di passare dagli annunci ai fatti. I mercati hanno dimostrato di crederci, tanto da aver spinto i rendimenti dei titoli governativi a livelli mai visti prima nell’epoca dell’euro, e da rendere necessario una rivistazione dell’approccio agli investimenti, dato che un rendimento annuo del 2,03% per un BTP a 10 anni davvero non è interessante per nessuno. Per questo, per istituzionali e privati dai portafogli corposi gli asset alternativi diventano più interessanti, come fondi di private equity, venture capital o private debt (come i minibond), mentre per i risparmiatori non c’è che la borsa.

In ogni caso, si tratta di spostare il grosso dei capitali dai titoli di Stato alle imprese”. Lo ha sottolineato Ennio Doris, fondatore di Mediolanum, in occasione di un incontro con la stampa lo scorso giovedì 27 novembre. Prima che l’OPEC annunciasse la decisione di non tagliare la produzione di greggio, aveva detto: “il mondo è cambiato. Sono finiti 35 anni di manna per gli investitori obbligazionari. Ai tempi della crisi petrolifera dei primi anni 70 l’inflazione era alle stelle e di conseguenza anche i tassi di interesse sono andati a livelli dove non erano mai stati. Lì non torneranno facilmente. E se anche i signori del petrolio non dovessero abbassare i prezzi del greggio come minacciano di fare, nel medio-lungo periodo il prezzo dell'energia tenderà a scendere perché le fonti alternative prenderanno sempre più piede. Per questo i tassi delle obbligazioni sono destinati a restare bassi. Se vogliamo guadagnare qualcosa dai nostri investimenti, dobbiamo cambiare obiettivo e convogliare i capitali su investimenti veri, su aziende in grado di crescere e su professionisti in grado di affiancarle con le giuste competenze”.

Secondo il patron di Banca Mediolanum, in altre parole, bisognerebbe cominciare sul serio a pensare a investimenti orientati all’economia reale. Doris ha fatto sapere che Banca Mediolanum ha investito 3 milioni di euro in United Ventures, il veicolo di venture capital fondato da Massimiliano Magrini e Paolo Gesess, che a inizio novembre ha annunciato il closing della raccolta, a 60 milioni di euro. Ma Doris ha investito in United Ventures anche denaro proprio. E anche il Fondo Flessibile Sviluppo Italia di Mediolanum Gestioni SGR ha deciso di destinare parte del patrimonio all’investimento in piccole aziende quotate (come gli incubatori LVenture e Digital Magics ) e all’investimento in titoli illiquidi (per la quota del 10% concessa dalla normativa), in particolare nel fondo di private debt di Muzinich.