Dubbi nell’era delle ricapitalizzazioni

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Hans Splinter, Flickr, Creative Commons

Le grandi banche europee sono da tempo alle prese con manovre di aumenti di capitale che insinuano negli investitori non pochi dubbi ai quali il team di gestori della società AcomeA ha cercato di dare una risposta nei giorni scorsi. Nelle ultime settimane quella che ha catalizzato maggiormente l’attenzione per via delle sue dimensioni ha visto come protagonista Unicredit che poco più di un mese fa ha messo sul mercato 13 miliardi di euro di nuove azioni offerte in opzione ai vecchi soci. L’operazione, che ha riscosso un grande successo con adesioni pari al 99,8%, ha determinato una capitalizzazione di mercato ad oggi pari a 30,9 miliardi. Un esito comunque non scontato dato che, a dare fiducia a Unicredit, è stato lo stesso mercato che in passato aveva “dato le spalle” al Monte Paschi di Siena. Qualche giorno fa, invece, è toccato a Deutsche Bank il cui piano di maxi aumento di capitale (da 8 miliardi, pari alle perdite accumulate tra il 2015 e il 2016) prevede anche un taglio del 22% dei costi entro il 2018 e la vendita dell’unità di asset management per migliorare la solidità patrimoniale. Potrebbe invece partire a giugno, secondo quanto riporta Milano Finanza, l’aumento di capitale da 400 milioni di UBI Banca per finanziare l’acquisto di Banca Marche, Banca Etruria e Carichieti.

Se la manovra di ricapitalizzazione di Deutsche Bank avrà lo stesso successo di quella fatta da Unicredit, secondo gli esperti di AcomeA, dipenderà dalla capacità dell’istituto di “recuperare il differenziale di redditività con il resto del sistema”. E aggiungono che l’esito positivo dell’aumento di capitale di Unicredit “è dipeso anche dal piano di rilancio della banca, nonché della sua strategia volta a operare una massiccia pulizia di bilancio”. Uno dei principali dubbi degli investitori riguarda proprio la differenza di capitalizzazione di mercato dei due istituti, che nel primo caso è raddoppiata mentre per Deutsche Bank rappresenta si attesta a circa il 30% dell’attuale capitalizzazione.

Come deve leggere questo dato chi detiene un’azione nell’istituto di credito tedesco? Sicuramente, come fanno sapere da AcomeA, “l’aumento di capitale provoca un effetto diluitivo per l’azionista che non lo sottoscrive: i titoli posseduti saranno una quota minore di tutto il capitale della società e gli daranno una minore partecipazione agli utili e ai dividendi rispetto a prima. Un effetto che si accentua qualora le risorse richieste per l’aumento incidano in misura maggiore sulla capitalizzazione aziendale. Ma bisogna anche considerare dei benefici in termini di rafforzamento della base patrimoniale che si possono realizzare a valle di queste operazioni”.

Per quanto riguarda le posizioni dei titoli sui portafogli, i gestori di AcomeA ribadiscono la loro preferenza per le banche italiane “che presentano valutazioni basse se pensiamo alla capacità di gestire in maniera efficace le sofferenze e di un possibile miglioramento del contesto macroeconomico”, mentre mantengono il sottopeso sul resto del sistema finanziario europeo.