Dematerializzazione e firma elettronica: che impatto hanno sulla distribuzione dei fondi?

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LucasTheExperience, Flickr, Creative Commons

La dematerializzazione è un procedimento tramite il quale un documento, creato in qualsiasi forma materiale, è successivamente trasformato in un formato elettronico. Mentre in alcuni Paesi europei la dematerializzazione è una realtà già da diversi anni, in Italia alcune norme locali sono state emesse solo recentemente nel 2013. L’attuazione di queste comporta diverse sfide ai distributori operanti nel mercato retail, oltre alle altre istitutuzioni finanziarie coinvolte (si pensi per esempio alle banche corrispondenti). Il livello della normativa italiana è estremamente dettagliato e prevede varie tipologie di firme elettroniche. In aggiunta all’hardware e all’infrastruttura informatica necessari al fine di raccogliere materialmente le firme elettroniche, per non parlare della loro archiviazione, gli operatori di mercato devono  inoltre essere in grado di trasmettere il messaggio ai propri clienti in modo efficiente, indicando chiaramente che i loro interessi sono debitamente tutelati in questo nuovo procedimento elettronico.

"In un Paese come l’Italia dove sussiste ancora un tradizionale preferenza per il cartaceo, la presenza di alcune 'sacche di riluttanza' tendenzialmente ostiche verso la partecipazione alla dematerializzazione non dovrebbe sorprendere eccessivamente, anche se questo fenomeno relativamente nuovo inizia ad assumere nel panorama finanziario italiano delle connotazioni decisamente interessanti', spiegano  Luca Bruni (Fund Channel), Attilio Veneziano (Veneziano & Partners) e Namir Yeroham (Fundsquare) in un recente articolo sull'argomento. Nello specifico, "alcuni operatori locali hanno deciso di avvantaggiarsi di questa nuova facilitazione e, in qualche modo, di cavalcare l’onda del cambiamento per passare ad una firma elettronica, eliminando documenti e firme cartacee ed aumentando così agilità operativa e funzionalità. Altri invece preferiscono per il momento aspettare e vedere come si muoverà il mercato, per meglio valutare la strada intrapresa dagli altri market player nonché dai propri competitors, facendo cosi proria l’esperienza altrui e magari tesaurizzando sugli errori commessi da chi si è avventurato per primo su questo terreno".  

Impatto sul mercato italiano

Quando un fondo UCITS estero decide di distribuire in Italia alla clientela retail, deve produrre una serie di documenti che includono prospetto, KIID e il modulo di sottoscrizione, utilizzato dagli investitori finali per formalizzare l’investimento presso il distributore. Tradizionalmente questo modulo è cartaceo e deve essere compilato in tutte le sue parti, firmato e consegnato al distributore prima  che l’investimento sia formalizzato. Il suo completamento è poi legato al pagamento effettivo dell’ammontare della sottoscrizione (settlement). Il procedimento di firma e archiviazione dei documenti cartacei richiede logicamente parecchio tempo e risorse: "ci aspettiamo quindi che il mercato tenda – se non nel breve certamente nel medio periodo - verso un utilizzo sempre piu diffuso della dematerializzazione (nelle sue molteplici sfaccettature) e, piu in generale verso un approccio al business sempre meno cartaceo", dicono gli autori dell'articolo.  

Due sono le considerazioni da fare rispetto agli accordi di distribuzione e ai costi. Nel primo caso, a seconda di come siano stati stipulati in origine, e delle specifiche clausole eventualmente inserite, gli accordi di distribuzione potrebbero richiedere un adattamento in vista dell’utilizzo della firma elettronica. Diverse sono le opzioni possibili e su questo aspetto particolare "consigliamo di consultare uno studio legale al fine di ricevere un parere circostanziato e adatto al vostro contesto, mentre le soluzioni del tipo 'one-fits-all' sono da evitare". Per quanto riguarda i costi, invece, è gioco-forza che sia la dematerializzazione del modulo di sottoscrizione  che la firma elettronica richiedano sviluppi informatici e adattamenti  procedurali e  operativi, ovvero nuovi costi. Prima di lavorare al passaggio verso un approccio puramente elettronico, è caldamente consigliato dagli autori di questo articolo di quantificare nei minimi dettagli i vari impatti e i costi che ne conseguono (inclusi quelli di gestione del progetto – perché di tale si tratta in fondo – quelli  IT, formazione del personale, etc…). 

"Dopo aver incontrato nel corso del 2015 sul territorio sia case prodotto che distributori, riteniamo che il mercato non abbia ancora raggiunto la piena maturità su queste tematiche e che molto resti ancora da fare nel settore del risparmio gestito. Ma i segnali sinora raccolti sono incoraggianti", concludono.