Come hanno vissuto il 2015 i grandi fondi pensione globali?

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foto: wolfpix, Flickr, Creative Commons

I grandi fondi pensione mondiali non sono stati immuni ai picchi di volatilità del 2015. L'ultima edizione del report Global Pension Assets Study, elaborata da Willis Towers Watson - dalla fusione di Willis Group Holdings e Tower Watson avvenuta a inizio gennaio - constata che il patrimonio dei fondi pensione dei 19 Paesi inclusi nello studio - quest'anno si aggiungono Cile, India e Spagna ma continua a mancare l'Italia - si è ridotto di uno 0,5% rispetto al 2014, fino a toccare i 35,4 bilioni di dollari.

Questa cifra rappresenta circa il 35% degli asset istituzionali disponibili nei mercati finanziari globali ed equivale, in media, all'80% del PIL dei paesi sottostanti, anche se con marcate differenze: mentre il ratio di asset dei fondi pensione rispetto al PIL nazionale raggiunge il 184% nei Paesi Bassi, seguito dagli USA (121%), Australia (120%), Svizzera (119%) e Cile (118%), la percentuale scende al 3% nel caso di Spagna, 4% in India, 6% in Francia e del 10% in Brasile. Stati Uniti, Regno Unito e Giappone  detengono i primi posti nel ranking del mercato dei fondi pensione e concentrano, rispettivamente, il 61,5%, il 9% e il 7,7% degli asset mondiali. 

Cambiamento nel mix degli asset

Lo studio conferma la crescita degli investimenti nelle strategie alternative - soprattutto nel settore immobiliare - che si è verificato dal 1996: "Negli ultimi dieci anni, la maggior parte dei Paesi ha aumentato la loro esposizione ad asset alternativi, con il Canada in testa (dal 14 % al 27%), seguito dal Regno Unito (dal 7% al 18%), Svizzera (dal 18% al 29%), Stati Uniti (dal 17% al 27%) e in Giappone (dal 3% al 9%)". Questa tendenza è stata accompagnata da un minor interesse per le azioni, che sono passate da una media del 65% nel 1998 a un 43% nel 2015, anche se le differenze tra i mercati sono significative: mentre i fondi pensione degli Stati Uniti continuano ad investire quasi i due terzi dei loro portafogli in azioni (63% nel 2015), i canadesi assegnano appena il 25% a questa asset class.

"La diversificazione con gli alternativi e la minor presenza di titoli azionari hanno guadagnato slancio tra i fondi pensione globali, perché queste strategie hanno aiutato a gestire il rischio, ed è probabile che la continua incertezza economica rafforzi queste tendenze", spiega Roger Urwin, responsabile globale dei contenuti sugli investimenti in Willis Towers Watson.

La contribuzione definita guadagna terreno 

Tra il 2005 e il 2015, i fondi pensione a contribuzione definita sono cresciuti ad un ritmo molto più alto dei piani a benefici definiti, fino a sfiorare il 48% degli asset dei fondi pensione globali (rispetto al 40% del 2005). Tuttavia, gli asset dei piani a contribuzione definita superano quelli a benefici definiti solo in Australia (87% vs. 13%) e Stati Uniti (60% vs. 40%).

 Anche se il cambiamento del modello è una tendenza globale, Urwin avverte che "i fondi  a contribuzione definita sono ancora frenati dalle limitazioni dei modelli di governance, modelli di condivisione dei rischi e la mancata conoscenza degli investitori" e sottolinea il rischio per il quale le pensioni non arrivino a soddisfare le aspettative degli azionisti dei fondi a causa di una combinazione tra bassi rendimenti e aliquote insufficienti.