Cinque grafici "da paura" per spiegare l'attuale scenario economico

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Proprio giusto in tempo per festeggiare Halloween anche nel mondo della finanza, M&G Investments pubblica cinque "spaventosi" grafici sull'economia globale. C'è la paura delle aziende che frena gli investimenti, quella degli investitori che non sanno più dove investire, ci sono previsioni terribili e una "mostruosa"  esposizione ai derivati. Senza contare poi del problema del riscaldamento globale.

Secondo Anthony Doyle, investment director del team retail fixed interest di M&G Investments per quanto riguarda già il primo grafico "c'è stato un ingorgo di emissioni societarie dalla crisi finanziaria, quando le aziende hanno emesso titoli di debito a tassi d'interesse bassi. Che ne hanno fatto di tutta quella liquidità ricevuta in prestito dai mercati dei capitali? In un gran numero di casi, le società statunitensi hanno avviato operazioni di riacquisto di azioni e di fusione o acquisizione, contribuendo a spingere verso l'alto il mercato azionario. Solo una piccola parte dei proventi ricavati dal collocamento di debito sui mercati obbligazionari è stata impiegata nella spesa per investimenti. Ciò suggerisce che le imprese sono tuttora restie ad assumere rischi, anche in un ambiente in cui, secondo la percezione di molti, l'economia statunitense è pronta a sostenere tassi d'interesse più alti".

Per quanto riguarda invece gli investitori non basta più che la componente obbligazionaria vada bene nelle fasi di correzione delle azioni e viceversa. "L’analisi condotta dal Fondo monetario internazionale (FMI) mostra che le asset class si stanno muovendo sempre più nella stessa direzione, e questo vuol dire che la regola d’oro dell’investimento – la diversificazione – non vale più come un tempo", sottolinea il direttore investimenti. "Ciò che preoccupa è la tendenza mai così marcata dei prezzi degli asset globali a muoversi in sincronia, unita al fatto che le correlazioni sono rimaste elevate anche durante i periodi di bassa volatilità. Un grosso spavento sui mercati potrebbe mettere a dura prova la fragilità del sistema finanziario, se i valori degli asset dovessero subire un deterioramento generalizzato".

Previsioni "terribili" poi anche per quelle aree geografiche dove i bilanci potrebbero essere compromessi dai prezzi delle commodity. "I prezzi sono altamente volatili e imprevedibili, come ha dimostrato l'andamento del mercato dei future sul petrolio greggio", dice l'esperto di M&G. "E questo crea non poche difficoltà a chi è chiamato a definire le politiche nei Paesi ricchi di risorse. Nella maggioranza delle nazioni esportatrici di commodity, un’ampia quota delle entrate statali deriva proprio dal settore delle risorse. Lo shock attuale sui prezzi dei prodotti primari potrebbe mettere sotto pressione i bilanci pubblici, in particolare in zone calde sotto il profilo geopolitico come Medio Oriente, Russia, Nigeria e Venezuela. Chi prevede (o spera) che i prezzi delle commodity risalgano rischia di essere deluso".

Come se non bastasse poi c'è il problema derivati: "Il valore nominale dei derivati nel sistema finanziario globale è di circa 630.000 miliardi di dollari. Per dare un’idea delle proporzioni, il PIL globale ha un valore di 77.300 miliardi di dollari", dice Anthony Doyle. "Per quanto 630 mila miliardi di dollari siano una cifra enorme, i pericoli che si nascondono nel mercato mondiale dei derivati non sono così gravi. L’importo nominale non riflette gli asset a rischio in un’operazione su contratti derivati. Secondo la BRI, il valore lordo del mercato mondiale dei derivati OTC è pari a 20.900 miliardi di dollari (quasi un terzo del PIL globale).

 

A far paura, infine, c'è il grafico sul riscaldamento globale.  "L’OCSE stima che tali emissioni nocive aumenteranno di oltre il 50% entro il 2050, a causa di un incremento del 70% dell’anidride carbonica rilasciata con il consumo di energia. La domanda di energia è prevista in aumento dell’80% da qui al 2050. Se questa previsione dovesse rivelarsi accurata, le temperature globali dovrebbero vedere un incremento compreso fra 3 e 6 gradi Celsius", dice l'esperto. "Dal punto di vista economico, il problema principale insito in qualsiasi tentativo di ridurre le emissioni di anidride carbonica è che il mondo sviluppato deve trovare un modo di fornire alle nazioni in via di sviluppo sussidi finanziari per adottare tecnologie energetiche rinnovabili (più care). Questo potrebbe costare centinaia di miliardi di dollari. Secondo i Paesi in via di sviluppo, spetta al mondo sviluppato accollarsi il peso economico dei tagli alle emissioni, in quanto nelle nazioni più ricche il livello pro capite di emissioni dannose è più elevato".