Che ruolo potrebbe avere il prossimo presidente degli USA nelle decisioni della Fed

Yellen
International Monetary Fund, Flickr, Creative Commons

Nelle ultime settimane è sorto un nuovo quesito intorno alle prossime elezioni presidenziali statunitensi. Ci si chiede, infatti, se in caso di vittoria Donald Trump potrebbe in qualche modo condizionare le scelte della Federal Reserve. A far riflettere sulla questione, tra le altre cose, sono state le dichiarazioni dello stesso candidato che in un’intervista rilasciata alla CNBC il mese scorso diceva: “(La Yellen) lascia i tassi invariati perché ovviamente ha un profilo politico e sta facendo quello che vuole Obama”.

Da Pictet, Luca Paolini, chief strategist e Supriya Menon, multiasset strategist, spiegano che “Trump ha attirato l’attenzione su questa presunta politicizzazione e criticato la leadership della presidente Yellen. Di conseguenza, se dovesse vincere, dubitiamo che la Yellen possa rimanere al comando oltre la fine del suo mandato nel 2018”. Entrambi gli esperti ricordano che “i repubblicani hanno richiesto gli audit annuali della Federal Reserve, il che fa sorgere domande sull’indipendenza dell’istituzione in futuro”.

“Il fatto è che non è chiaro se una politica fiscale più flessibile e una minaccia di maggiore controllo della Fed possano cambiare la traiettoria dei tassi d’interesse che sconta il mercato”, continuano da Pictet. Si riferiscono al fatto che la Fed “per compensare una posizione fiscale rilassata dei repubblicani, può adattare nel medio termine la propria politica monetaria ma anche sfidare le aspettative nel breve termine e mantenere i tassi di interesse a dicembre se le condizioni finanziarie risultano più rigide dopo una vittoria di Trump”.

Un’altra questione riguarda la difficoltà di valutare la traiettoria del dollaro: “Una vittoria di Trump potrebbe generare nel breve termine una liquidazione del dollaro. Tale debolezza potrebbe essere maggiore se la Fed non dovesse alzare i tassi di interesse a dicembre”. D’altra parte, tuttavia, i due esperti ricordano che “un incremento dell’avversione al rischio nei mercati globali può portare a un apprezzamento del dollaro, dato il suo tradizionale uso come asset rifugio, anche in periodi di stress originati proprio dagli USA”.

Bastien Drut e Roberta Fortes, analisti e strategist di Amundi, ricordano il regolamento per eleggere i membri del Federal Open Market Committee (FOMC). Questo è composto da sette membri eletti dal presidente degli USA e confermati dal Senato. Tra questi, il presidente del governo elegge il presidente e il vice per un mandato di quattro anni. Per loro c’è la possibilità di essere rieletti ma anche in questo caso previa conferma del Senato. Il resto dei membri - continuano gli esperti - sono eletti per un mandato di 14 anni a meno che non vengano destituiti dal presidente ma a condizioni molto specifiche e definite dalla legislazione statunitense.

Donald Trump dovrebbe prima essere in grado di dimostrare eventuali errori commessi dalla Yellen, il che ovviamente è molto diverso dall’essere in disaccordo con il suo punto di vista circa la politica monetaria”, sottolineano gli analisti. E anche se dovesse riuscirci, la Yellen potrebbe ricorrere alla Corte suprema, con elevate possibilità di vincere dato che esiste già una giurisprudenza previa. Inoltre, la normativa della Fed stabilisce che nel caso in cui non vi sia un presidente, sarà il vice ad assumere l’incarico. D’altro canto, qualsiasi nuovo candidato a presiedere la Fed avrà bisogno del visto del Senato, il che vuol dire che l’iter potrebbe durare mesi. Dato il grado di complessità del processo, gli esperti di Amundi ritengono più probabile che il mandato della Yellen (che scade a febbraio del 2018) non venga rinnovato  anche se rimarrebbe governatrice fino al 2024.

L’importante non è il candidato

Visti i recenti ribaltamenti dei sondaggi, queste ipotesi potrebbero essere solo un esercizio di fantapolitica. Da J.P. Morgan AM fanno sapere che la chiave non risiede tanto nel candidato alla presidenza quanto nel controllo delle due camere che compongono il Congresso statunitense (attualmente entrambe sotto il controllo repubblicano): “È poco probabile che i democratici controllino la Camera dei rappresentanti ma è molto più probabile che si verifichi un cambiamento nel Senato. A ogni modo, crediamo che il prossimo presidente non potrebbe controllare entrambe le camere”. Gli analisti della società hanno studiato la reazione dei mercati in altri momenti storici in cui si è verificata questa circostanza e non hanno riscontrato la presenza di un modello determinato. “Quello che importa ai mercati è l’economia, e andrà bene: i fondamentali sono solidi e nessun indicatore suggerisce un rischio imminente di recessione negli USA ma, anzi, il tono generale dell’economia fa presagire un buon comportamento delle borse”, sintetizzano dalla SGR.

Aggiungono, inoltre, che per il mercato le elezioni hanno molta meno importanza dell’impatto mediatico che si sta dando loro e insistono sulla questione della divisione del potere. Più che la vittoria di un candidato o di un altro o quello che potrebbe fare durante il suo mandato, dalla società ritengono che la chiave risieda nel partito che controllerà le camere e la Casa Bianca. È anche più importante dei possibili effetti sulla Fed, che è un organo indipendente. Per quanto riguarda i prossimi passi dell’istituzione guidata dalla Yellen , dalla SGR ritengono che probabilmente la Fed aumenterà i tassi a dicembre, in linea con quanto afferma ormai da tempo”.

I due analisti di Amundi si soffermano sulla capacità di influenza del Senato sulla Fed: attualmente, due delle sette poltrone del FOMC sono vuote perché il mandato di entrambi i membri è finito. Nel 2015 Obama ha nominato due sostituti: Allan Landon (ex CEO della Bank of Hawaii) e Kathryn Domingez (docente di economia dell’Università del Michigan). Tuttavia, entrambe le nomine non sono state confermate “perché il Senato è controllato dai repubblicani dalle elezioni del 2014 e perché sembra che stiano aspettando il risultato delle elezioni presidenziali. In tal caso, sarà il prossimo presidente a nominare i due nuovi governatori”.

Nel caso in cui lo stesso partito rappresenti il Senato e il prossimo coinquilino della Casa Bianca, Drut e Fortes credono che le nomine si gestiranno velocemente. È molto importante considerare che negli ultimi anni i senatori repubblicani si sono spesso lamentati dell'operato della Fed, della sua scelta di mantenere i tassi troppo bassi e per troppo tempo, e hanno dichiarato di volere un’istituzione molto più hawkish”, concludono.