Carmignac Patrimoine: cosa accadrà con Trump?

Carmignac
Antoine Antoniol - Bloomberg

La vittoria di Donald Trump alle presidenziali statunitensi attesta il rifiuto del regime di globalizzazione neoliberista impostosi sempre più dopo la crisi del 2008”. È questo il pensiero di Carmignac, secondo cui un segnale eloquente del passaggio in atto da una politica di supporto monetario a una di stimolo fiscale è dato dai titoli industriali e ciclici che, grazie alla stabilizzazione dell’economia globale, sono risaliti dai minimi registrati a gennaio e febbraio e hanno sovraperformato gli altri settori. “L’elezione di Trump ha corroborato questa tendeza. Tuttavia, la campagna populista e retorica del nuovo presidente sembra ora lasciare il posto a un programma molto meno radicale. Anche se è previsto un forte stimolo fiscale, inizialmente sarà realizzato attraverso una riduzione delle imposte, principalmente a carico delle società, e una maggiore spesa per infrastrutture, misure che determineranno un aumento del disavanzo di bilancio".

Come sostengono dalla società francese, indipendentemente dallo scetticismo che possono suscitare questi obiettivi, dovrebbero comunque comportare un ulteriore aumento dei rendimenti sui tassi a lungo termine. “Dall’estate abbiamo ridotto il rischio su tutti i portafogli obbligazionari e aperto una posizione short sui titoli di Stato USA, che abbiamo aumentato recentemente. Sul versante azionario, il nuovo regime significherà anche un maggiore sostegno ai titoli legati alle commodity, che beneficeranno della spesa infrastrutturale, e ai titoli growth domestici in genere. Abbiamo avviato un riorientamento del portafoglio azionario in tal senso, che tuttavia non si è rivelato sufficiente tenuto conto della forte accelerazione di questa tendenza dopo le elezioni presidenziali”, spiegano.

Strategia nell’azionario del Carmigna Patrimoine, prodotto con Marchio Blockbuster Funds People

Per quanto riguarda l’azionario, la società fa sapere che continuerà a gestire il rischio attraverso un portafoglio equilibrato. “Continuiamo a investire in società con buona visibilità sugli utili e in grado di generare rendimenti in crescita a prescindere dal contesto macroeconomico. Il nostro portafoglio include titoli che variano dal comparto tecnologico e internet ai farmaceutici. Inoltre, a partire da inizio anno, abbiamo realizzato alcune prese di profitto su diversi titoli di questi settori, favoriti dal contesto di rendimenti bassi e crescita scarsa degli ultimi anni. Nel settore healthcare, gli investitori hanno tirato un sospiro di sollievo dopo la sconfitta di Hillary Clinton, che aveva minacciato di dare un giro di vite ai prezzi delle compagnie farmaceutiche. Invece, la retorica protezionistica di Trump si è rivelata nefasta per l’universo dei titoli internet e tecnologici, tenuto conto della solida performance registrata dal settore da inizio anno che ha dato luogo a rilevanti prese di profitto. Tuttavia, questa volatilità a breve termine non avrà impatti sul trend di crescita a lungo termine delle nostre posizioni tecnologiche”.

Continueranno a investire anche sull’azionario emergente. “Dopo l’elezione di Trump, gli asset emergenti sono stati interessati da un’elevata volatilità, dovuta alle maggiori incertezze e alla minaccia di politiche protezionistiche negli Stati Uniti. D’altro canto, l’apprezzabile miglioramento dei fondamentali in molti Paesi emergenti negli anni scorsi ha reso questi mercati molto meno vulnerabili agli aumenti dei tassi di interesse e a un rafforzamento del dollaro maggiore rispetto a quanto già scontato dal mercato. Inoltre, il previsto rilancio degli investimenti sia pubblici che privati negli Stati Uniti dovrebbe giocare a favore dei produttori di materie prime in generale. Infine, l’universo emergente è molto più dipendente dagli sviluppi in Cina che non dallo stato dell’economia americana. Basti notare che le economie emergenti hanno continuato a beneficiare della recente stabilizzazione resa possibile dal programma di stimoli fiscali avviato dal governo cinese. Alla luce di tutto ciò, confermiamo il nostro approccio positivo ma altamente selettivo in un contesto che dovrebbe rimanere volatile ancora per diverse settimane”.

Strategia nell’obbligazionario

Anche se il mercato obbligazionario è stato penalizzato dalla vittoria di Trump e dalle conseguenti aspettative di una politica decisamente reflattiva negli Stati Uniti, la componente obbligazionaria di Carmignac Patrimoine si è mantenuta salda, grazie in parte alla forte riduzione del rischio da inizio estate. “I rendimenti ai minimi storici nei principali Paesi sviluppati sono stati un segno tangibile di un autocompiacimento da parte degli investitori in obbligazioni, determinando però tre rischi principali per gli investimenti obbligazionari: 1) l’adozione da parte delle Banche centrali di un cambiamento senza precedenti verso una politica monetaria meno accomodante; 2) il rischio di tensioni a livello dell’agenda politica a seguito dell’ascesa dei movimenti anti-establishment; e 3) l’aumento dell’inflazione negli Stati Uniti”.

Alla luce di queste considerazioni, a luglio abbiamo iniziato a ridurre gradualmente la duration modificata del fondo attraverso posizioni short sui Treasury USA e i Bund tedeschi, realizzando prese di profitto su diversi driver della performance obbligazionaria (Titoli di Stato periferici, credito legato alle commodity e del settore finanziario) e modificando l’esposizione al debito dei Paesi emergenti. “Manterremo la duration modificata negativa ai tassi d’interesse e allo stesso tempo continueremo a gestire attivamente l’esposizione ai tre principali driver della performance obbligazionaria: il debito subordinato delle banche europee, le CLO europee e il debito dei Paesi emergenti, principalmente degli esportatori di materie prime (verso i quali abbiamo significativamente ridotto il rischio valutario).

Divise

Sul fronte valutario, mentre con l’approssimarsi delle elezioni presidenziali avevano ridotto l’esposizione al dollaro, subito dopo hanno riequilibrato le posizioni in euro e in dollari rispetto allo yen e alle valute emergenti per approfittare dell’impatto sul dollaro USA del programma di Trump (afflusso di capitali verso gli USA a sostegno del dollaro, rialzo dei tassi da parte della Fed).