Big player internazionali in Italia: uno sguardo ai PIR (parte III)

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Vista la positiva risposta con cui il mercato ha raccolto l’iniziativa dei nuovi piani individuali di risparmio (PIR), SGR in primis, e SICAV, in misura minore, stanno gradualmente proponendo sempre più prodotti conformi a questa nuova opportunità di investimento, prodotti quindi PIR compliant, secondo il quale la normativa indica che almeno il 70% del patrimonio del fondo deve essere investito in debito o in titoli azionari di aziende italiane, ed il 30% di questa componente (il 21% del totale del fondo) deve essere investito in società di piccola-media capitalizzazione, o comunque non appartenenti all’indice principale. A trattare il tema nella terza parte della tavola rotonda organizzata da Funds People, sono i country head Italia di alcuni dei maggiori player internazionali, insieme ad Allfunds Bank S.A.

Per Luca Tenani, country head Italia di Schroders Asset Management, è interessante notare come il profilo dell’investitore italiano presenti sempre una certa avversione al rischio. “Nel 2016, la categoria dei fondi azionari ha evidenziato dei flussi negativi, a differenza di quelli obbligazionari e flessibili. I mercati azionari hanno quindi performato bene, ma la raccolta è virata comunque sulla componente più conservativa”, spiega Tenani. Ed è anche per invertire questa tendenza verso l’obbligazionario che sono stati introdotti i nuovi piani individuali di risparmio, e stimolare quindi l’investimento nelle PMI italiane, a supporto dell’economia domestica.

Le reti distribuiscono i PIR ad una clientela prettamente retail. La speranza che gli asset manager nutrono nei confronti del prodotto è che questo riesca a raggiungere il proprio obiettivo di sostegno all’economia reale, offrendo contestualmente una buona opportunità di investimento per i clienti finali. Licia Megliani, country head Italia di Allfunds Bank S.A., sostiene che affinché ciò si verifichi, sarà importante che il mercato sappia proporre un’ampia gamma di alternative di investimento e che queste siano correttamente prezzate. “Nuove aziende che si affacciano al mercato azionario quindi portando denaro fresco all’economia e opportunità di rendimento ‘fiscalmente agevolato’ per i risparmiatori. Rimangono però importanti vincoli a livello operativo per la piena implementazione in quanto, a distanza di mesi dal lancio del prodotto, ancora mancano le specifiche tecniche complete e definitive per la gestione della fiscalità su questi prodotti”, afferma Megliani, che considera quello dei fondi di diritto italiano un mercato prevalentemente captive.

La manager spiega inoltre come molte realtà stiano lanciando PIR costruiti in funzione delle esigenze della propria rete, mantenendosi comunque, per quanto possibile, su profili di rischio conservativi, in linea con la propensione al rischio degli investitori. “Le realtà bancarie più locali sono più chiuse in termini di diversificazione e di offerta multi-brand, ed è sicuramente più difficile che si aprano adesso, quando l’entrata in vigore della normativa MiFID II, pur premiando l’accesso ad una gamma di prodotti ampia, rende estremamente complessa la gestione di una pluralità di accordi di distribuzione, in termini di carichi amministrativi e operativi. Abbiamo avuto grande richiesta di prodotti PIR compliant da parte di gestori e compagnie, che lanciano linee dedicate per cogliere l’opportunità di diversificazione, cavalcando la forte copertura mediatica su questi prodotti”, afferma il country head. Tuttavia, il passaggio successivo, che da Allfunds si aspettano di implementare nella seconda parte dell’anno, è la fase PIR 2.0, quando una volta note le modalità definitive di gestione operativa dei prodotti, i SIP potranno gestire correttamente l’applicazione della fiscalità come già fanno per i prodotti di diritto estero standard. “Un vincolo imposto dal modello per i collocatori che decidono di aprire un deposito PIR, e che permettere l’investimento di più prodotti PIR compliant proposti da distinte case di gestione, è quello di operare per il tramite di un unico SIP, che possa quindi monitorare correttamente il rispetto dei vincoli operativi imposti dalla normativa di riferimento”, conclude la manager.

In linea con Megliani è Pietro Martorella, country head Italia di AXA Investment Managers, il quale afferma che, lato PIR, nel primo semestre, si sono visti partire in primis tutti quegli asset manager captive, in grado di offrire i servizi per la gestione dell’operatività fiscale di questi strumenti, in sostituzione, o a supporto, delle banche o dei distributori. Per il manager, in questo caso, “l’SGR supporta un’esigenza in termini di execution, togliendo alla banca un costo di sviluppo principalmente in IT. Dall’altro lato, molti asset manager si sono orientati verso distributori terzi, che hanno cominciato ad annunciare il lancio di un conto titoli, di polizze unit-linked, e di vari tipi di strutture, entro cui accogliere prodotti terzi PIR compliant. Ad oggi però, mi sembra che tutti stiano vendendo solo il proprio prodotto captive”, sottolinea Martorella.

Queste nuove soluzioni di investimento quindi, in questo momento, sembrano far registrare un concreto avvicinamento all’azionario. Secondo Alberto D’Avenia, country head Italia di Allianz Global Investors, “esperimenti molto interessanti, come quello dei PIR, spostano sicuramente l’attenzione ancora una volta su uno strumento che va ben compreso dal cliente. È un esperimento che comporta una certa aspettativa di volatilità su questi strumenti. Personalmente, credo che questa aspettativa non sia ancora stata ben compresa dal cliente finale e, a conferma di questo, registriamo molte richieste dalle reti con cui lavoriamo di informazioni su questa componente meno liquida e certamente più volatile”, spiega D’Avenia. Per il manager, nonostante oggi si registri una certa costanza nel guardare all’Italia per il 100% del fondo, sarà inoltre molto interessante capire dove investire il residuale 30% non legato al mercato domestico.

Anche per Lorenzo Alfieri, country head Italia di J.P. Morgan Asset Management, i PIR rappresentano ovviamente strumenti che vanno analizzati in modo diverso, essendo questi focalizzati prevalentemente su un solo mercato, e quindi rappresentano una presa di rischio eccezionale per il mercato italiano. “Il focalizzarsi su un solo mercato specifico, il più delle volte, ha una forte esposizione dell’azionario. Ha quindi una funzione unicum che trova ragion d’essere in funzione dello straordinario beneficio fiscale che questi strumenti riescono a offrire”, conclude Alfieri.