Big player internazionali in Italia: le strategie vincenti (parte II)

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Nella seconda metà del 2016, i mercati sono stati caratterizzati da un elevato livello d’incertezza, dove le maggiori cause sono state quelle politiche. Dalla Brexit all’elezione di Trump, passando per il referendum italiano, gli indici di borsa globali hanno concluso l’anno nella maggior parte dei casi positivamente, ma con un’alta volatilità. A tal proposito, Licia Megliani, country head Italia della piattaforma leader in Europa Allfunds Bank S.A., afferma che, “i mercati hanno affrontato e superato piuttosto bene gli eventi politici e il nervosismo derivato da essi nei giorni immediatamente successivi. Il clima d’incertezza perdura anche nel 2017 ma, tuttavia, non sembra più influenzare troppo gli indicatori”. Ma visto l’attuale contesto in cui navigano i mercati, quali sono le strategie di asset allocation adottate dai più importanti asset manager internazionali in Italia? È questa la domanda a cui rispondono i country head Italia di alcuni dei maggiori player internazionali, nella seconda parte della tavola rotonda organizzata da Funds People.

In generale, a detta degli esperti, l’anno in corso si presenta come favorevole verso l’equity europeo, emergente e l’high yield; al contrario, questo risulta sfavorevole in particolar modo nei confronti dei titoli di Stato. Ma entriamo più nel dettaglio del posizionamento delle singole case di gestione.

Lato asset allocation, Luca Tenani, country head Italia di Schroders Asset Management, conferma il giudizio positivo sulle azioni, sulla scia appunto della ripresa sincronizzata dell’economia globale. Il manager spiega come, dalla società inglese, operino sul tema della reflazione con una sorta di rotazione, riducendo il peso sul Giappone, passando a una posizione neutrale, questo perché dalla casa, afferma Tenani, credono che il rally visto in questo Paese sia stato dato soprattutto dalla debolezza dello yen; la sostanziale stabilità della valuta nipponica potrebbe quindi frenare la crescita del mercato azionario locale.

“Siamo invece favorevoli nei confronti dei mercati emergenti, in quanto crediamo che la robustezza del dollaro non rappresenti più un problema, e le azioni di questi Paesi, soprattutto di quelli asiatici, sono più a sconto di quelle dei Paesi sviluppati. Confermiamo inoltre il nostro giudizio positivo sull’Europa grazie al venir meno dei rischi politici e a una maggior robustezza dell’economia. Se guardiamo infatti alle trimestrali, i dati di crescita sul bilancio sono molto buoni. Manteniamo invece l’assetto neutrale sul mercato americano: benché questo esprima grande qualità, le valutazioni ci appaiono molto onerose rispetto ad altre borse mondiali”, spiega il country head.

Per quanto concerne la componente obbligazionaria, da Schroders confermano il giudizio negativo sui titoli di Stato che, secondo la società, rimangono vulnerabili a un mutamento delle aspettative sui tassi. “Preferiamo cogliere le opportunità sul debito dei Paesi emergenti espresso in valuta locale. C’è quindi un tema legato al carry. Sul lato del credito abbiamo un atteggiamento neutral sulla componente high yield, dove il carry è interessante, a differenza di quella investment grade, che invece è sottopesata”, conclude Tenani.

Sulla base dell’attuale livello di volatilità, storicamente molto basso, da Allianz Global Investors, credono che, in questo momento, per ottenere carry e yield sia necessario spostarsi sul credito, sull’high yield o sull’azionario, anche se ciò espone ad un rischio più elevato. Alberto D’Avenia, country head Italia dell’asset manager tedesco, afferma come, lo scorso anno, ci sia stata una concentrazione dai governativi verso la parte più lunga della duration, ma soprattutto verso la componente credito, e come anche le strategie della società si concentrino sui segmenti a maggiore valore. “Per quanto riguarda l’azionario, il comparto european dividend è, a nostro parere, molto interessante, alla luce delle stime che indicano circa 315 miliardi di euro da distribuire nel 2017 solo sull’Europa. Restiamo inoltre molto interessati alle azioni europee di qualità, aperte attraverso l’export al commercio globale e soggette alle dinamiche positive di un’analisi porteriana classica”, spiega D’Avenia.

A differenza di Schroders, da Allianz GI sono leggermente positivi sul Giappone dove, a detta del country head, finché lo yen rimane sottovalutato, il lato esportazioni dovrebbe essere molto favorito. “Rimaniamo leggermente positivi anche sugli Stati Uniti. Sulla componente obbligazionaria tra USA ed Europa preferiamo i primi, perché vediamo fondamentali di crescita che rimangono importanti sia sull’high yield che sull’investment grade corporate. Siamo infine favorevoli al debito dei mercati emergenti in valuta locale”, afferma il manager.

A mantenere una view costruttiva sull’equity, e in particolare sull’Europa e sui mercati emergenti, è anche AXA Investment Managers. A spiegarlo è Pietro Martorella, country head Italia della casa di gestione francese, che sottolinea la preferenza della società per i segmenti più correlati alla crescita anche sulla componente obbligazionaria, quali i titoli high yield e dei mercati emergenti, rispetto al credito investment grade od ai governativi. “Da sei mesi, più o meno, abbiamo una posizione attiva aperta sull’inflazione, che stiamo continuando ad implementare. In generale, continuiamo ad avere una view conservativa in termini di diversificazione, dovuta al rischio legato alle possibili delusioni sulla capacità di Trump di mettere in atto il suo programma, e a quali saranno i suoi effetti nei prossimi mesi. Rimaniamo quindi molto cauti su quella che potrebbe essere definita come euforia nel primo semestre, dato il rischio che diventi depressione nel caso si verificasse una mancata ripresa USA, o nel caso Trump deluda appunto le attese”, sostiene Martorella.

Infine, per Lorenzo Alfieri, country head Italia di J.P. Morgan Asset Management, il 2017 si presentava quindi con alcune criticità di carattere politico, che sono state man mano risolte, ragion per cui l’asset allocation dell’asset manager americano è diventata sempre più robusta verso il risk-on. “Non vediamo rischi complessivi che possano cambiare certe dinamiche nel breve. La stessa elezione in Germania si presenta come una questione abbastanza facile, se non già risolta. Il portafoglio prosegue quindi le linee guida, avendo cambiato un pò i punti di riferimento. In una fase di risk-on, è chiaro che l’equity ritorna ad essere particolarmente premiante, avvicendando però quello che erano prima gli USA come punto di riferimento verso Europa e Giappone in primis e, in secondo luogo, verso i mercati emergenti, anche se attualmente non possono essere classificati in generale, essendo questi in una fase procliclica abbastanza debole dove ci sono grosse differenze tra i singoli Paesi. Per quanto ci riguarda prediligiamo l’India, il Brasile, la Russia e alcuni Paesi dell’Asia emergente e dell’Europa dell’est”, spiega Alfieri.

Per quanto riguarda l’obbligazionario, anche in una fase di rialzo negli USA, da J.P. Morgan AM non vedono rilevanti pericoli di forte irripidimento delle curve di questa asset class. Per il country head, la stessa Fed è poco convinta di un forte rialzo, sostenendo come i moderati rialzi siano stati in parte scontati dal mercato. Al momento, le attenzioni della società sono concentrate verso un’attività molto selettiva e puntuale nel mondo fixed income. “Gli high yield continuano ad essere interessanti in Europa e negli USA, questo perché gli ultimi dati che arrivano dalle aziende sono molto importanti e confermano quindi i tassi di crescita, che sono double digits in entrambi i continenti, e ovviamente convincenti per questa specifica asset class. Abbiamo reiniziato ad investire nell’investment grade americano che, inicialmente, avevamo abbandonato, ma i risultati che arrivano dagli Stati Uniti sono interessanti”, afferma il manager. A detta di Alfieri, il moderato sottopeso della casa americana in quest’area è stato infatti riportato ad un leggero sovrapeso, proprio per sfruttare la fase prociclica favorevole, dato che da J.P. Morgan AM ci si aspetta un rimbalzo del PIL nel secondo trimestre, e che, nel 2017, la crescita degli USA si affermi solida intorno al 2%, con un target che si allinea quindi con quello che è stata la crescita degli ultimi anni.

Abbiamo inoltre riposizionato sull’obbligazionario anche la nostra presenza sui mercati emergenti, anche in questo caso favorendo il corporate e l’high yield emergente rispetto ai governativi. Per quanto concerne le valute, chiaramente non vediamo una grossa oscillazione, soprattutto nel cambio di riferimento USD/EUR, quindi le forze in gioco sono tali da mantenere un corridoio non particolarmente ampio, a meno che non ci siano eventi che cambino drammaticamente gli scenari attuali, che hanno disegnato livelli di crescita globale intorno al 3%”, aggiunge i country head, concludendo che, tutto sommato, l’asset class rimane abbastanza convincente, e che non ci sono all’orizzonte elementi tali da innescare dinamiche sul cambio diverse.