Banca Albertini Syz perfeziona il budget di rischio

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foto: autor helst1, Flickr, creative commons

Gli eventi economici e politici degli ultimi anni hanno cambiato il contesto di riferimento e i provvedimenti straordinari adottati da governi e banche centrali hanno, in qualche caso, modificato gli stessi meccanismi di funzionamento dei mercati finanziari. Ecco che Banca Albertini Syz ha dato il via a un modello di valutazione del rischio, chiamato 'budget di rischio'. Il modello è un processo in evoluzione, la cui prima versione risale al 2010, ma che è continuamente affinato nel tempo, alla luce dell’evoluzione del contesto normativo e finanziario. Parla Federico Bernardinelli, private banker della banca privata di gestione del risparmio.

Con riferimento alla valutazione dei rischi finanziari, quali impatti ha avuto nei processi che governano le scelte d’investimento per voi questo tipo di piattaforma?

In termini di valutazione e gestione dei rischi di portafoglio, possiamo trarre molti insegnamenti da quanto accaduto in questi anni. Il New normal impone un approccio al concetto di rischio profondamente diverso da quello teorizzato dalla finanza classica degli anni ’60. D’altronde, la scomparsa del concetto di attività prive di rischio (risk free asset), l’evidenza che nei momenti più acuti della crisi anche le attività che la teoria presumeva liquide in realtà non lo sono, i calcoli di probabilità ipotizzati da modelli statistici che ex-post dimostrano di aver sottostimato la frequenza di eventi eccezionali molto negativi (cigni neri), sono tutti fattori che ci hanno spinto a cercare nuove modalità per stimare i rischi impliciti negli investimenti finanziari. 

Cos’è? Quali obiettivi si propone il modello?

Supportare il cliente nella valutazione dei rischi di portafoglio per ottimizzarne il rapporto rischio-rendimento. Il calcolo del livello di rischio di un portafoglio viene effettuato analiticamente, per ogni singolo titolo che lo compone, in ragione dei principali rischi sottesi a ciascuno di essi.

Quali rischi si propone di monitorare e misurare?

Rischio di prezzo, di credito, di tasso, di cambio (al netto delle eventuali coperture presenti in portafoglio), di liquidità.

Qual è l’aspetto innovativo? In altre parole, perché non avete adottato modelli di analisi già impiegati dal mercato?

Oltre ai rischi classici, per misurare i quali sono disponibili misure statistiche oggettive e riconosciute, abbiamo stimato e tradotto in indicatori puntuali il rischio di liquidità e quello di credito. In quest’ultimo caso, oltre al tradizionale parametro del rating, il modello aggiunge la valutazione di altri elementi che possono incidere sulla capacità del debitore di onorare i propri impegni.

Quali altri vantaggi presenta rispetto ad altre metodologie?

Innanzitutto la sintesi. Il modello, pur monitorando diversi fattori di rischio, consiste nel sintetizzare, in un solo numero, la stima del rischio dell’intero portafoglio. Inoltre, il modello consente una migliore, più rapida e puntuale cognizione di quali siano le principali fonti di rischio degli investimenti in essere.

Qual è l’algoritmo sottostante? Qual è la ricetta per amalgamare in modo coerente tutti gli ingredienti?

Ogni ricetta ha come presupposto la scelta degli ingredienti e la definizione del loro peso. Nel nostro caso, abbiamo deciso: quali rischi desideravamo monitorare; come potevamo misurarli (complicato soprattutto nel caso in cui non fossero disponibili metodologie o convenzioni universalmente riconosciute); quale peso attribuire a ciascun rischio. A titolo d’esempio, considerato l’attuale contesto di tassi d’interesse, ma soprattutto valutate le prospettive, abbiamo ritenuto più ragionevole pesare maggiormente il rischio di credito rispetto al rischio di tasso.

Qual è l’aspetto più critico del modello?

La difficoltà principale consiste nell’attribuire un peso a fattori di rischio aleatori e mutevoli nel tempo, a loro volta influenzati da un contesto finanziario caratterizzato da crescente complessità e rapidità di cambiamento. Allo stesso tempo, al fine di contenere al minimo l’imprescindibile grado di discrezionalità, implicito in qualsiasi processo di misurazione soggettiva di un determinato fenomeno non stimato, né stimabile, con strumenti standard, abbiamo concentrato la nostra attenzione su alcune variabili che siamo in grado di monitorare nel tempo. A titolo d’esempio, per stimare il potenziale livello di liquidabilità di un investimento obbligazionario, volume di emissione e la presenza di un mercato regolamentato o di un sistema multilaterale di negoziazione sono parametri non aleatori e sufficientemente attendibili che impieghiamo nel nostro modello.