Australia i punti in comune con i Paesi emergenti

L'economia australiana ha recentemente festeggiato i suoi 25 anni senza recessione, chiudendo il 2016 con una crescita annua del 2,4% e con il primo surplus delle partite correnti dal 1975.

Nel terzo trimestre dello scorso anno, l’Australia ha fatto registrare una contrazione del PIL dello 0,5%, come non accadeva da marzo 2011. Il rallentamento dell’economia del Paese è attribuibile principalmente alla contrazione dell’industria  delle costruzioni (-3,6%) e all’indebolimento della domanda di ferro e carbone proveniente dalla Cina, principale importatore delle commodities australiane.

Negli ultimi mesi del 2016, l’economia del Paese è ripartita, chiudendo il trimestre con una crescita dell’1,1%. L’Australia ha evitato la recessione grazie al rimbalzo dei prezzi delle materie prime, in particolare ferro e carbone, di cui è produttrice e esportatrice. Entrando più nel dettaglio, l’aumento dei prezzi delle due commodities è attribuibile alla crescente domanda proveniente della Cina, principale partner commerciale dell’Australia. La crescente domanda di ferro da parte della Cina è riconducibile ai progressi dell’industria siderurgica cinese, mentre per quanto riguarda il carbone, un calo della produzione del combustibile in Cina ha portato ad un aumento della domanda dello stesso. 

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Per quanto riguarda la Cina, una maggiore stabilità della crescita e l’attuazione delle riforme politiche e fiscali promesse dal governo, come la riduzione del carico fiscale sulle imprese e l’aumento dei consumi interni, avranno degli effetti positivi sull’economia australiana. 

Boom del mercato immobiliare

Il boom del mercato immobiliare è attribuibile maggiormente alla domanda interna piuttosto che agli investimenti esteri, dato che nonostante la domanda estera sia un fattore importante, non ha avuto un impatto significativo sulla crescita dei prezzi. Il livello di indebitamento delle famiglie, salito a livelli record, rappresenta uno dei fattori di rischio per l’economia del Paese. A tal proposito, l’APRA (Australian Prudential Regulation Authority) ha adottato misure macroprudenziale con l’obiettivo di contenere la crescita dei mutui ipotecari e il rischio di acquisti di natura speculativa.

L’Australia deve fare i conti con alcune fonti di rischio che rendono l’economia del Paese molto vulnerabile: segnali di rallentamento del mercato immobiliare, un’economia troppo dipendente dall’attività estrattiva, il protezionismo globale e il rallentamento dei principali partner commerciali. L'inflazione si è attestata a 1,5%  nell’ultimo trimestre dello scorso anno, in rialzo rispetto all'1,3% del terzo trimestre. Quest'ultima rimane al di sotto del target del 2-3% fissato dalla RBA. A febbraio, la RBA ha lasciato invariati i tassi di interesse ai minimi storici dell’1,5%, confermando per il sesto anno consecutivo un atteggiamento accomodante. 

Nei prossimi due anni l’inflazione dovrebbe rimanere vicina al 2%, la crescita dei salari dovrebbe rimanere  debole, mentre il tasso di disoccupazione dovrebbe diminuire gradualmente rispetto al 5,8% attuale, raggiungendo il 5,6% verso la fine del 2017 e il 5,5% per la fine del 2018. Nonostante le preoccupazioni riguardanti le politiche protezionistiche di Donald Trump, la RBA ha delineato uno scenario positivo per l’economia australiana nel 2017, prevedendo un’accelerazione della crescita fino al 3%. Nel 2017, per il governo australiano sarà fondamentale aumentare gli investimenti in infrastrutture e attuare una riforma dell’imposta sulle società al fine di stimolare la crescita e supportare il mercato del lavoro. Il disavanzo di bilancio dovrebbe aumentare nel prossimo biennio, ma per il governo sarà importarte raggiungere il pareggio di bilancio entro il 2021. 

Equity australiano

In Australia stiamo assistendo ad un’evidente rotazione dalle azioni difensive verso le azioni value e cicliche. Questa rotazione, iniziata ad agosto 2016, è stata favorita dall’aumento dell’inflazione a livello globale, che trainerà i rendimenti dell’equity australiano nel corso del 2017.

Nel 2017 il mercato azionario australiano dovrà fare i conti con una crescente volatilità geopolitica alimentata principalmente dal rischio derivante  dall’attuazione delle riforme politiche e fiscali di Trump e dagli effetti della Brexit sull’economia globale. Dando uno sguardo ai fondamentali, i titoli dell’indice australiano S&P/ASX200 scambiano su multipli P/E pari a 16, al di sopra della media degli ultimi dieci anni, pari a circa 14.

Quest’anno ci aspettiamo una crescita abbastanza sostenuta degli earning-per-share (EPS), che dovrebbero chiudere l’anno con una crescita vicina al 10%. Un altro aspetto positivo riguarda il differenziale di rendimento tra debito e equity, che rimane molto ampio e dovrebbe continuare a guidare le M&A, sia in Australia che a livello globale. L’ottimismo nei confronti dell’equity australiano, seppur moderato, è attribuibile principalmente a tre fattori: i fondamentali più favorevoli, la crescita simultanea dei tre pilastri dell’economia australiana (settore industriale, bancario e materie prime) e i potenziali effetti positivi delle politiche di  Donald Trump, in particolare la riduzione delle imposte a carico delle imprese e la riforma del settore finanziario. 

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Nella categoria azionari Australia e Nuova Zelanda, troviamo il fondo Consistente Funds People Aberdeen Global Australasian Equity. Il comparto, con un patrimonio totale pari a 83,42 milioni di dollari australiani (al 31 gennaio) ha sovraperformato la sua categoria del 2,3% nel 2015 e nel 2016. Nel 2016 ha fatto registrare una performance di +12,4%, mentre nel primo bimestre del 2017 ha già guadagnato il 6,68%.

Il comparto ha come obiettivo la crescita a lungo termine del capitale tramite investimenti in azioni e titoli azionari di società quotate alle Borsa australiana e della Nuova Zelanda. Il fondo può anche investire in società che traggono parte importante dei loro redditi e profitti dall'Australia e dalla Nuova Zelanda e realizzano gran parte delle attività in questi Paesi. Il gestore si focalizza esclusivamente su imprese di dimensioni medio-grandi e investe l’88% del patrimonio in Australia e Nuova Zelanda e in misura residuale in Regno Unito (9%) e Stati Uniti (2%). 

È un fondo altamente diversificato, che investe principalmente nel settore finanziario (28%), della salute (18%), materie prime (14,5%) e in misura minore nel settore dei servizi di pubblica utilità (7%), settore dell’energia (7%), settore della comunicazione  (5%) e dei beni di consumo ciclici (5%). Il prodotto è ideale per investitori con un orizzonte temporale di investimento di almeno cinque anni e con profilo di rischio medio-alto.