Assogestioni, ecco perché è scesa la raccolta

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foto: autor Today is a good day, Flickr, creative commons

A giugno sono calati a 7,8 miliardi rispetto ai circa 16,5 miliardi di maggio i flussi di raccolta del sistema del risparmio gestito in Italia, secondo i dati raccolti da Assogestioni. Protagonisti, oltre ai fondi flessibili (5,3 mld di raccolta) i fondi esteri (5,8 mld), ovvero circa tre quarti del totale del sistema. A pesare, secondo gli esperti, sono state due cose: l’effetto Grecia e la stagionalità dato che a giugno si pagano le tasse. “L’effetto Grecia è stato sicuramente meno pesante rispetto al 2012 ma la stagionalità e le turbolenze dei mercati hanno frenato in parte la raccolta”, fa sapere Paolo Galvani, presidente di Moneyfarm, società che costruisce portafogli fatti di ETF, secondo cui è normale che in un contesto del genere le sottoscrizioni di prodotti flessibili facciano la parte del leone, in presenza di tassi bassi in cui si rende necessaria una maggiore discrezionalità del gestore.

Rallenta la raccolta di fondi monetari (328 milioni da 2 miliardi circa), bilanciati (303 milioni da 1,23 miliardi) e obbligazionari (194 milioni da 1,75 miliardi) mentre gli azionari vedono entrare 678 milioni (537 milioni a maggio). Il gruppo Generali e Intesa Sanpaolo, rispettivamente numero uno e numero due dell’industria con un quarto e un quinto del mercato complessivo hanno visto confluire almeno due miliardi di euro. Più in generale, i player italiani mettono a segno un mese positivo, a differenza di esteri. Ma, nonostante i campioni di raccolta siano tricolori, a essere venduti continuano a essere in netta prevalenza fondi di diritto estero: con i quasi 6 miliardi di sottoscrizioni di giugno, questi prodotti da inizio anno hanno raccolto oltre 50 miliardi di euro a fronte dei circa 18 miliardi arrivati ai fondi italiani. “Oggi, con l’armonizzazione, una discrepanza del genere si giustifica solamente con la maggiore flessibilità consentita dai veicoli esteri, in particolare sulla struttura delle commissioni e sulla gestione del benchmark. Mentre fino a qualche tempo fa c’era la scusante di tipo fiscale”, continua Galvani.

Secondo gli esperti, infatti, il vero problema all’origine della distribuzione, tutto italiano, è che molto spesso chi offre consulenza è principalmente remunerato in base ai prodotti venduti, finendo così per trascurare l’attività intrinseca vera e propria dell’advisory. Tanto che è bene ricordare il richiamo della Consob di una quindicina di giorni fa alla luce dei volumi di raccolta dei prodotti esteri o cosiddetti roundtrip (fondi domiciliati all’estero ma istituiti da intermediari italiani), che rappresentano il 70% circa del patrimonio dei fondi dell’industria. La presenza, in ambito comunitario, di metodologie di calcolo delle commissioni di performance gravanti sugli Oicr non omogenee “può innalzare il rischio di comportamenti opportunistici e non in linea con i doveri di diligenza e correttezza da osservare nel rapporto con i clienti che sottoscrivono tali prodotti”, ha fatto presente l’authority, richiamando gli intermediari al rispetto della Mifid, in vista di Mifid2. “Gli intermediari sono tenuti all’individuazione e alla conseguente gestione del conflitto di interesse determinato dall’offerta di Oicr caratterizzati da eventuali meccanismi commissionali più vantaggiosi per i gestori e, in ragione di sistemi di retrocessione provvigionale, per i distributori stessi”, sottolinea Consob.