Anche i FIA possono fare direct lending

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L'esperienza mi dice che oggi un nuovo business in materia finanziaria non può prescindere dal guardare con un atteggiamento di avanguardia l'evoluzione tecnologica e quella regolamentare. Il Decreto Legge 18/2016 del 14 febbraio scorso è intervenuto in materia di gestione collettiva del risparmio, introducendo alcune misure volte a favorire l’erogazione del credito alle imprese e completando il quadro normativo relativo alla concessione di finanziamenti da parte di Fondi di Investimento Alternativi (FIA). Sono state stabilite le modalità operative con cui i FIA italiani e i FIA UE possono fare direct lending, ossia concedere prestiti, ponendo fine alle incertezze normative e interpretative che avevano caratterizzavano i primi interventi e indotto a dubitare della possibilità stessa per i FIA di compiere tale attività.

Il nuovo Decreto Legge sancisce che i crediti erogati in Italia da FIA nazionali o europei, a valere sul proprio patrimonio, impongono al relativo gestore il rispetto degli obblighi in materia di trasparenza delle condizioni contrattuali e dei rapporti con i clienti e lo assoggettano alle relative sanzioni previste dal Testo Unico bancario. La disciplina trova applicazione anche ai FIA UE, cui è consentito svolgere attività di concessione di finanziamenti in Italia, a condizione che:
a) siano autorizzati dall'autorità competente dello stato membro d'origine ad investire in crediti, inclusi quelli erogati a valere sul proprio patrimonio, nel paese di origine;
b) abbiano forma chiusa ed uno schema di funzionamento, soprattutto per riguarda le modalità di partecipazione, analogo a quello dei FIA italiani che investono in crediti;
c) le norme del paese d'origine del FIA UE in materia di contenimento e di frazionamento del rischio, inclusi i limiti di leva finanziaria, siano equivalenti alle norme stabilite per i FIA italiani che investono in crediti. L'equivalenza rispetto alle norme italiane può essere verificata con riferimento anche alle sole disposizioni statutarie o regolamentari del FIA UE, a condizione che l'autorità competente dello stato membro di origine ne assicuri l'osservanza.

Qualora il gestore di FIA UE sia intenzionato ad erogare finanziamenti in Italia a valere sul patrimonio di tali FIA, deve comunicare tale intenzione alla Banca d'Italia, che esprime un eventuale diniego entro 60 giorni dalla predetta comunicazione, durante i quali tale FIA UE non può in ogni caso operare. Ai gestori si applica l'articolo 8, comma 1 Testo Unico Finanza in materia di vigilanza informativa da parte della Banca d'Italia e della Consob, nell'ambito delle rispettive competenze, e la Banca d’Italia prevede la partecipazione dei FIA UE alla Centrale Rischi.

Tutto ciò significa che ci sono nuove risorse finanziarie potenziali per le PMI, anche quelle più piccole. Ma un mercato del direct lending non bancario potrà partire con successo nel momento in cui gli investitori potranno in maniera diretta od indiretta seguire un processo logico così riassumibile:
1. Originazione, ossia individuazione della base di clienti imprese interessate a possibili finanziamenti;
2. Raccolta dati, ossia costruzione della “pratica di credito” basata tipicamente su dati storici, andamento Centrale Rischi, previsioni finanziarie, governance societaria e peer-to-peer analysis;
3. Elaborazione del profilo di credito, ossia definizione di uno scoring/giudizio sintetico rispetto all’operazione proposta;
4. Delibera di credito dell’organo che assume la decisione circa l’operazione;
5. Perfezionamento ed erogazione, ossia definizione del contratto, rappresentazioni finali e stipula effettiva.

Il processo di concessione di direct lending ha sicuramente elementi di similitudine con il processo di valutazione per la sottoscrizione di un minibond ma esistono, a mio parere, almeno due rilevanti differenze derivanti dall’evidenza empirica: le PMI emittenti di minibond sono più grandi (il fatturato medio è di 91 milioni di Euro) e l’ammontare medio è di circa 10 milioni di Euro (fonte:Barometro Minibond). Il mercato italiano di riferimento del direct lending invece è costituito da un numero elevato di soggetti stimabile in circa 100.000 aziende con fabbisogno finanziario più limitato, compreso tra 250.000 e 2.5 milioni di Euro. La numerosità del segmento e la limitata visibilità di questi interlocutori rendono molto più complicato il processo di selezione per un fondo di debito rispetto all’esperienza sui minibond. In particolar modo ritengo che nessun fondo di investimento alternativo possa avere una piena ed autonoma capacità per:
- originare un numero elevato di operazioni (ad esempio un fondo con una dotazione di 100 milioni dovrebbe visionare almeno 300 operazioni per realizzarne 80/100);
- capacità di raccogliere informazioni su 100/150 operazioni;
- capacità di produrre una pratica di credito completa su 100/150 operazioni.

Al fine di far decollare le attività di direct lending sotto forma di prestito diretto e con focus sulle piccole imprese è quindi necessario ipotizzare un soggetto terzo che faccia da piattaforma ponte, ossia svolga servizi propedeutici alla valutazione del credito a favore del sistema dei fondi nel suo complesso, così da permettere loro di processare un numero elevato di piccole operazioni. In questo contesto la piattaforma ponte aiuta gli investitori ad effettuare alcune funzioni tipiche del processo creditizio senza mai influire sulla decisione di credito. La piattaforma deve essere accreditata e riconosciuta come portale di accesso per le imprese, deve predisporre una pratica di fido sulla base di alcuni requisiti predefiniti e sottoporre agli investitori le proposte di operazioni per una loro decisione.

Nella fase di originazione la piattaforma ponte svolge attività di sensibilizzazione diretta sulle imprese perché si accreditino e indiretta sul sistema delle associazioni di categoria, degli advisor, delle società di consulenza, delle associazioni dei commercialisti e delle società di revisione. In fase di raccolta dati, la piattaforma aggrega dati provenienti dall’impresa stessa e da fonti terze e li presenta in formati unici standardizzati, facilmente leggibili e confrontabili. In fase di elaborazione del profilo di credito, la piattaforma fornisce agli investitori aderenti un standard di “pratica elettronica di lending” con la possibilità di personalizzazioni aggiuntive a richiesta. In fase di predisposizione contratti e stipula, la piattaforma ponte offre assistenza alle parti per la finalizzazione del contratto. E questa piattaforma ponte oggi non può che essere tecnologica ed Internet based.